Messa quotidiana

Omelia 13-3-16

 

Gesù perdonaci ed insegnaci a perdonare

V DOMENICA DI QUARESIMA

Anno C

Va’ non peccare più

Questa domenica trova la sua chiave di lettura nell’acclamazione al vangelo: «Io non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (Ez 33,11). Ancora una volta Dio si dichiara a favore della vita dei suoi figli, anche quando la loro insensatezza può averli esclusi da ogni umana considerazione.

Un Dio geloso della vita dei suoi figli al punto tale da restituire loro, con il suo perdono, la dignità, l’onorabilità, la vita, diventa annuncio liberante e giudizio su un mondo così spesso spietato e crudele. La comunità cristiana deve farsi portatrice di questo messaggio, consapevole di essere stata creata da un gesto di misericordia, che la rende debitrice nei confronti di Dio e di ogni fratello. Il perdono diventa responsabilità.

Una vita ritrovata

Sulla donna adultera pendono le gravi sanzioni della legge (cf Lv 20,10; Dt 22,22.24). Gesù è interpellato e richiesto di un giudizio da parte degli zelanti custodi della tradizione nel perfido tentativo di imbrigliarlo nel vicolo cieco di una risposta in ogni caso compromettente. Il dilemma si gioca sulla scelta tra la legge mosaica e la misericordia che Gesù va insegnando e praticando. Gesù allora fa appello alla coscienza degli accusatori: il loro peccato sta nello sfruttare un caso umano per poter formulare accuse contro di lui. Ma l’intento di Gesù resta chiaro: salvare la peccatrice dall’impietoso giudizio e mostrare il senso della sua missione di messaggero della misericordia divina. Con realismo ed ironia, il vangelo mette in luce la situazione dell’uomo: egli è tanto più peccatore, quanto più è avanzato in età! Non può perciò arrogarsi il diritto di giudicare lo sbaglio di un fratello.

Gesù dà fiducia alla donna che lascia trasparire un umile senso di gratitudine. Egli non condanna, ma ciò non significa indifferenza morale. La sua parola suona come un’assoluzione, congiunta però all’impegno accettato di non peccare più. Il dono della misericordia gratuita ed impensabile diventa responsabilità per una conversione permanente, per una decisione che impegna l’avvenire. Alla donna «perduta» per la legge e per gli uomini, il Signore riconsegna la piena immagine di Dio; da quel momento la vita ritrova il suo significato; il peso di un passato inquietante è tolto (cf prima lettura) e si apre il cammino della speranza.

Un passato da dimenticare

L’adultera esalta l’opera di Dio per quelle che sembrano situazioni disperate. Anche il popolo d’Israele, oppresso nell’esilio di Babilonia (587-538 a. C.), è raggiunto da un annuncio sorprendente di salvezza: la liberazione è imminente, ci sarà un nuovo esodo che farà impallidire il ricordo del primo. Nel deserto dell’umana disperazione, Dio è sempre capace di far germogliare la speranza: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova…» (prima lettura).

Le realtà vecchie e mortificanti che esistono in noi sono frutto di peccato. L’opera di Dio è rendere nuovo il vecchio, sciogliere i legami della schiavitù, ridare vita a ciò che sembra morto. L’adultera e il popolo di Israele sono segni eloquenti dell’opera rinnovatrice di Dio: cantano il miracolo della libertà donata e il riaprirsi della speranza (cf salmo resp.).

Per la comunità cristiana la quaresima segna l’ora del ritorno e del rinnovamento: il Signore invita a lasciare dietro le spalle il passato, a dimenticare le opere di morte che anch’egli ha dimenticato, per tornare a vivere in pienezza la dignità filiale.

Un cammino nuovo da percorrere

Tutta la nostra esistenza e sotto il segno della misericordia, della riconciliazione e dell’accoglienza divina. Questa consapevolezza opera nella vita del cristiano un senso di profonda serenità e promuove una gioiosa riconoscenza. Ma uno sguardo ammirato sull’opera del Signore ancora non basta. Se l’azione di Dio ha aperto dinanzi a noi un nuovo cammino, dobbiamo percorrerlo. La vita battesimale è tensione dinamica, è esodo sempre nuovo. Coloro che sono stati afferrati da Cristo hanno di fronte una strada che non si può mai dire conclusa (seconda lettura). Dice bene s. Agostino: «Se dirai: basta, sei perduto!». L’obiettivo sta sempre più in là delle nostre realizzazioni parziali. In concreto si tratta di camminare verso una comunione sempre più piena con Cristo, unico vero valore. Tutto ciò che ostacola il bene inestimabile della «conoscenza» di Cristo, deve essere smascherato nella sua inconsistenza. Allora la perdita di tutto ciò che non è Cristo si risolve in guadagno, contrariamente a quanto può sembrare. Sofferenza e prove non saranno risparmiate, ma nel destino di Gesù è scritto per sempre il senso della nostra fedeltà e perseveranza.

Celebriamo la vicina festa del Signore con autenticità di fede

Dalle «Lettere pasquali» di sant’Atanasio, vescovo (Lett. 14, 1-2; PG 26, 1419-1420)

Il Verbo, Cristo Signore, datosi a noi interamente ci fa dono della sua visita. Egli promette di restarci ininterrottamente vicino. Per questo dice: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).
Egli è pastore, sommo sacerdote, via e porta e come tale si rende presente nella celebrazione della solennità. Viene fra noi colui che era atteso, colui del quale san Paolo dice: «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato» (1 Cor 5, 7). Si verifica anche ciò che dice il salmista: O mia esultanza, liberami da coloro che mi circondano (cfr. Sal 31, 7). Vera esultanza e vera solennità è quella che libera dai mali. Per conseguire questo bene ognuno si comporti santamente e dentro di sé mediti nella pace e nel timore di Dio.
Così facevano anche i santi. Mentre erano in vita si sentivano nella gioia come in una continua festa. Uno di essi, il beato Davide, si alzava di notte non una volta sola ma sette volte e con la preghiera si rendeva propizio Dio. Un altro, il grande Mosè, esultava con inni, cantava lodi per la vittoria riportata sul faraone e su coloro che avevano oppresso gli Ebrei. E altri ancora, con gioia incessante attendevano al culto sacro, come Samuele ed il profeta Elia.
Per questo loro stile di vita essi raggiunsero la libertà e ora fanno festa in cielo. Ripensano con gioia al loro pellegrinaggio terreno, capaci ormai di distinguere ciò che era figura e ciò che è divenuto finalmente realtà.
Per prepararci, come si conviene, alla grande solennità che cosa dobbiamo fare? Chi dobbiamo seguire come guida? Nessun altro certamente, o miei cari, se non colui che voi stessi chiamate, come me, «Nostro Signore Gesù Cristo». Egli per l’appunto dice: «Io sono la via» (Gv 14, 6). Egli è colui che, al dire di san Giovanni, «toglie il peccato del mondo» (Gv 1, 29). Egli purifica le nostre anime, come afferma il profeta Geremia: «Fermatevi nelle strade e guardate, e state attenti a quale sia la via buona, e in essa troverete la rigenerazione delle vostre anime» (cfr. Ger 6, 16).
Un tempo era il sangue dei capri e la cenere di un vitello ad aspergere quanti erano immondi. Serviva però solo a purificare il corpo. Ora invece, per la grazia del Verbo di Dio, ognuno viene purificato in modo completo nello spirito.
Se seguiremo Cristo potremo sentirci già ora negli altri della Gerusalemme celeste e anticipare e pregustare anche la festa eterna. Così fecero gli apostoli, costituiti maestri della grazia per i loro coetanei ed anche per noi. Essi non fecero che seguire il Salvatore: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito »(Mt 19, 27).
Seguiamo anche noi il Signore, cioè imitiamolo, e così avremo trovato il modo di celebrare la festa non soltanto esteriormente, ma nella maniera più fattiva, cioè non solo con le parole, ma anche con le opere.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Is 43,16-21

Ecco, faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.

Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 125
Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Seconda Lettura  Fil 3,8-14

A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

Canto al Vangelo  Gl 2,12-13

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!

Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!

Vangelo  Gv 8,1-11

Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».