Messa quotidiana

Omelia 3-2-16

Gesù dacci la forza di annunziare il tuo Vangelo

SAN BIAGIO

Vescovo e Martire

San Biagio lo si venera tanto in Oriente quanto in Occidente, e per la sua festa è diffuso il rito della “benedizione della gola”, fatta poggiandovi due candele incrociate, sempre invocando la sua intercessione. L’atto si collega a una tradizione secondo cui il vescovo Biagio avrebbe prodigiosamente liberato un bambino da una spina o lisca conficcata nella sua gola.

Vescovo, dunque. Governava, si ritiene, la comunità di Sebaste d’Armenia quando nell’Impero romano si concede la libertà di culto ai cristiani: nel 313, sotto Costantino e Licinio, entrambi “Augusti”, cioè imperatori (e pure cognati: Licinio ha sposato una sorella di Costantino). Licinio governa l’Oriente, e perciò ha tra i suoi sudditi anche Biagio. Il quale però muore martire intorno all’anno 316, ossia dopo la fine delle persecuzioni. Perché?
Non c’è modo di far luce. Il fatto sembra dovuto al dissidio scoppiato tra i due imperatori-cognati nel 314, e proseguito con brevi tregue e nuove lotte fino al 325, quando Costantino farà strangolare Licinio a Tessalonica (Salonicco). Il conflitto provoca in Oriente anche qualche persecuzione locale – forse ad opera di governatori troppo zelanti, come scrive lo storico Eusebio di Cesarea nello stesso IV secolo – con distruzioni di chiese, condanne dei cristiani ai lavori forzati, uccisioni di vescovi, tra cui Basilio di Amasea, nella regione del Mar Nero.

Il corpo di Biagio è stato deposto nella sua cattedrale di Sebaste; ma nel 732 una parte dei resti mortali viene imbarcata da alcuni cristiani armeni alla volta di Roma. Una improvvisa tempesta tronca però il loro viaggio a Maratea (Potenza): e qui i fedeli accolgono le reliquie del santo in una chiesetta, che poi diventerà l’attuale basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio, sulla cui vetta fu eretta nel 1963 la grande statua del Redentore, alta 21 metri.

Dal 1863 ha assunto il nome di Monte San Biagio la cittadina chiamata prima Monticello (in provincia di Latina) e disposta sul versante sudovest del Monte Calvo. Numerosi altri luoghi nel nostro Pæse sono intitolati a lui: San Biagio della Cima (Imperia), San Biagio di Callalta (Treviso), San Biagio Platani (Agrigento), San Biagio Saracinisco (Frosinone) e San Biase (Chieti). Ma poi lo troviamo anche in Francia, in Spagna, in Svizzera e nelle Americhe… Ne ha fatta tanta di strada, il vescovo armeno della cui vita sappiamo così poco.

Soffri per le mie pecorelle

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Dìscorso sulla consacrazione episcopale, PLS 2, 639‑640)
«Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Ecco come il Signore ha servito, ecco quali servi esige che noi siamo. Diede la sua vita in riscatto per molti: ci ha redento.
Chi di noi è capace di redimere qualcuno? Noi siamo stati redenti per mezzo del suo sangue e riscattati da morte per mezzo della sua morte e della sua umiltà, noi che eravamo prostrati, siamo stati innalzati; ma anche noi dobbiamo portare la nostra piccola parte alle sue membra, perché siamo diventati sue membra. Egli è la testa, noi il corpo.
Anche l’apostolo Giovanni nella sua lettera ci rivolge l’esortazione a seguire l’esempio del Signore. Cristo aveva detto: «Colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,2728). È questo il modello che l’Apostolo ci consiglia di seguire quando dice: «Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16).
Lo stesso Signore ha rivolto questa domanda dopo la sua risurrezione: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» (Gv 21, 26); e Pietro rispose: «Certo, Signore, tu lo sai chi ti voglio bene» (ivi). Per tre volte Gesù rivolse questa domanda e per tre volte il Signore aggiunse: «Pasci le mie pecorelle» (ivi).
Come mi dimostri che mi ami, se non col pascere le mie pecorelle? Che cosa mi stai per dare, amandomi, quando tutto aspetti da me? Dunque tu devi esprimermi il tuo amore col pascere le mie pecorelle.
Questo una, due, tre volte: «Mi vuoi bene? – Ti voglio bene. Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 16). Rinnegò tre volte per paura, ma confessò tre volte con amore.
E il Signore, dopo aver espresso a Pietro per la terza volta il mandato di pascere le sue pecorelle, rivolgendosi ancora a lui, che, rispondendo, confessava il suo amore e condannava e ripudiava l’antica sua pusillanimità, aggiunse: «Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (Gv 21,19). Gli annunziò la sua croce, gli predisse la sua passione.
Continuando il colloquio, il Signore gli disse: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21,16), cioè soffri per le mie pecorelle.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura         2 Sam 24.2.9-17
Io ho peccato facendo il censimento; ma queste pecore che hanno fatto?

Dal secondo libro di Samuèle
In quei giorni, il re Davide disse a Ioab, capo dell’esercito a lui affidato: «Percorri tutte le tribù d’Israele, da Dan fino a Bersabea, e fate il censimento del popolo, perché io conosca il numero della popolazione».
Ioab consegnò al re il totale del censimento del popolo: c’erano in Israele ottocentomila uomini abili in grado di maneggiare la spada; in Giuda cinquecentomila.
Ma dopo che ebbe contato il popolo, il cuore di Davide gli fece sentire il rimorso ed egli disse al Signore: «Ho peccato molto per quanto ho fatto; ti prego, Signore, togli la colpa del tuo servo, poiché io ho commesso una grande stoltezza».
Al mattino, quando Davide si alzò, fu rivolta questa parola del Signore al profeta Gad, veggente di Davide: «Va’ a riferire a Davide: Così dice il Signore: “Io ti propongo tre cose: scegline una e quella ti farò”». Gad venne dunque a Davide, gli riferì questo e disse: «Vuoi che vengano sette anni di carestia nella tua terra o tre mesi di fuga davanti al nemico che ti insegue o tre giorni di peste nella tua terra? Ora rifletti e vedi che cosa io debba riferire a chi mi ha mandato». Davide rispose a Gad: «Sono in grande angustia! Ebbene, cadiamo nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande, ma che io non cada nelle mani degli uomini!».
Così il Signore mandò la peste in Israele, da quella mattina fino al tempo fissato; da Dan a Bersabea morirono tra il popolo settantamila persone. E quando l’angelo ebbe stesa la mano su Gerusalemme per devastarla, il Signore si pentì di quel male e disse all’angelo devastatore del popolo: «Ora basta! Ritira la mano!».
L’angelo del Signore si trovava presso l’aia di Araunà, il Gebuseo. Davide, vedendo l’angelo che colpiva il popolo, disse al Signore: «Io ho peccato, io ho agito male; ma queste pecore che hanno fatto? La tua mano venga contro di me e contro la casa di mio padre!».

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 31 
Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Per questo ti prega ogni fedele
nel tempo dell’angoscia;
quando irromperanno grandi acque
non potranno raggiungerlo.

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia,
mi circondi di canti di liberazione.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia.

Canto al Vangelo  Gv 10, 27
Alleluia, alleluia.

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.

Vangelo   Mc 6, 1-6
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.