Messa quotidiana

Santa Messa 7-10-18

BEATA VERGINE MARIA DEL ROSARIO
Memoria

Nel medioevo, i vassalli usavano offrire ai loro sovrani delle corone di fiori in segno di sudditanza. I cristiani adottarono questa usanza in onore di Maria, offrendole la triplice «corona di rose» che ricorda la sua gioia, i suoi dolori, la sua gloria nel partecipare ai misteri della vita di Gesù suo figlio. Inizialmente questa festa si chiamò di «Santa Maria della vittoria» per celebrare la liberazione dei cristiani dagli attacchi dei Turchi, nella vittoria navale del 7 ottobre 1571 a Lepanto (Grecia). Poiché in quel giorno, a Roma, le Confraternite del Rosario celebravano una solenne processione, san Pio V attribuì la vittoria a «Maria aiuto dei Cristiani» e in quel giorno ne fece celebrare la festa nel 1572. Dopo le altre vittorie di Vienna (1683) e di Peterwaradino (1716), papa Clemente XI istituì la festa del Rosario nella prima domenica di ottobre. Ora, la memoria è intitolata «Beata Maria Vergine del Rosario».

Noi ci rivolgiamo a Maria, meditando e pregando, perché ci aiuti a partecipare ai misteri della vita, morte, risurrezione di Cristo. Sono i misteri che si attualizzano a nostra salvezza nella celebrazione eucaristica e noi chiediamo alla sua materna intercessione che si compiano in pienezza «nell’ora della nostra morte».

Bisogna meditare i misteri della salvezza

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
(Disc. «De aquaéductu»; Opera omnia, edit. Cisterc. 5 [1968] 282-283)

Il Santo che nascerà da te, sarà chiamato Figlio di Dio (cfr. Lc 1, 35), fonte della sapienza, Verbo del Padre nei cieli altissimi.
Il Verbo, o Vergine santa, si farà carne per mezzo tuo, e colui che dice: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 10, 38) dirà anche: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo» (Gv 16, 28).
Dunque «In principio era il Verbo», cioè già scaturiva la fonte, ma ancora unicamente in se stessa, perché al principio «Il Verbo era presso di Dio» (Gv 1, 1), abitava la sua luce inaccessibile. Poi il Signore cominciò a formulare un piano: Io nutro progetti di pace e non di sventura (cfr. Ger 29, 11). Ma il progetto di Dio rimaneva presso di lui e noi non eravamo in grado di conoscerlo. Infatti: Chi conosce il pensiero del Signore e chi gli può essere consigliere? (cfr. Rm 11, 24). E allora il pensiero di pace si calò nell’opera di pace: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14); venne ad abitare particolarmente nei nostri cuori per mezzo della fede. Divenne oggetto del nostro ricordo, del nostro pensiero e della nostra stessa immaginazione.
Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuto fare di Dio l’uomo, se non quella di un idolo, frutto di fantasia?
Sarebbe rimasto incomprensibile e inaccessibile, invisibile e del tutto inimmaginabile. Invece ha voluto essere compreso, ha voluto essere veduto, ha voluto essere immaginato. Dirai: Dove e quando si rende a noi visibile? Appunto nel presepio, in grembo alla Vergine, mentre predica sulla montagna, mentre passa la notte in preghiera, mentre pende sulla croce e illividisce nella morte, oppure mentre, libero tra i morti, comanda sull’inferno, o anche quando risorge il terzo giorno e mostra agli apostoli le trafitture dei chiodi, quali segni di vittoria, e, finalmente, mentre sale al cielo sotto i loro sguardi.
Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa, vi trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. E’ dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. E’ da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo.

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno B

I due saranno uno

L’uomo non esaurisce la propria vocazione nel dominio della materia e nello sforzo di migliorare le condizioni della sua vita; egli porta in sé anche l’esigenza all’incontro con un essere capace di comunione con lui.  Di fatto, è un altro se stesso che egli scopre nella donna: «Questa volta essa è carne alla mia carne e osso dalle mie ossa» (1a lettura).  La struttura sessuale dell’uomo e della donna, come tutta la loro esistenza corporea, deve essere compresa come presenza, linguaggio, riconoscimento dell’altro. Il mistero dell’uomo e della donna non sono nell’uomo e nella donna separatamente, ma nella comunione di tutta la persona fino ad un vero dialogo fecondo e aperto.

Mistero di comunione
Il  profondo legame che unisce l’uomo e la donna ha nel testo della Genesi due note essenziali: è superiore a qualsiasi altro legame, compreso quello coi genitori, che nei comandamenti viene subito dopo i rapporti con Dio; è così intimo e profondo sul piano del corpo e dello spirito, da formare un solo essere.
A questo pensa Gesù, quando riafferma la indissolubilità del vincolo matrimoniale, che era stata allentata dalla concessione del libello di divorzio.  Gesù ha ribadito l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Una creatura umana si da ad un’altra creatura umana.
Tanto serio è l’impegno reciproco!  E Gesù non intende il matrimonio soltanto come istituzione esteriore: va in profondità. Tutta la persona deve mantenersi libera per l’altro. Per Gesù si tratta di dare  all’amore la sua occasione più grande e duratura.

L’indissolubilità è dono più che legge
Analizzando la storia del matrimonio attraverso i secoli si nota come l’evoluzione dei costumi ha favorito, presso quasi tutti i popoli, il passaggio dalla poligamia alla concezione monogamica del matrimonio, e questo ha portato due notevoli conseguenze parallele: la liberazione della condizione della donna, che da uno stato di inferiorità e di quasi schiavitù è passata gradualmente alla parità giuridica e sociale; e la scelta del «partner» nel matrimonio, come atto libero, personale, non più regolato dall’esterno.
L’attrattiva sempre più forte verso il matrimonio fondato sul libero consenso dei coniugi non si accompagna però affatto ad una adesione volontaria alla legge dell’indissolubilità, dove essa figura nel codice religioso o anche civile. Questo perché dell’indissolubilità si è fatta una legge e non un dono e una conquista del matrimonio. Il dono del matrimonio, che Dio nella creazione ha fatto all’uomo, traduce qualcosa dell’insondabile profondità del dare, dell’amare, del consumarsi nell’altro che è proprietà dell’essere di Dio.

L’amore non muore mai
Attraverso i fatti e le traversie della vita l’amore tra due sposi è chiamato a trasformarsi e a rinnovarsi. Diventerà più concreto, più autentico. Non più vecchio, ma più maturo. Cioè sempre più adulto. Diversamente dalle altre realtà viventi, l’amore dell’uomo e della donna non va verso la morte. Perché l’amore dell’uomo è parte dell’amore di Dio, che è l’Eterno. I cristiani usano una parola per indicare che il rapporto d’amore fra due sposi è chiamato a non morire mai: «indissolubile». Ma non si deve pensare ad un legame imposto dall’esterno, da una legge. Pensiamo, invece, che Dio, che ha chiamato gli sposi all’amore, li chiama a vivere un amore che non muore, perché cresce sempre e si rinnova. Concretamente, questo significa che l’amore sponsale è chiamato a superare ogni difficoltà presente e futura.  Un amore più forte delle difficoltà. Un amore che ha la forza stessa di Dio.
Significa, inoltre, che l’assoluta indissolubilità del matrimonio — anche quando, in casi umanamente disperati, sembra priva di significato — mantiene, tuttavia, il suo senso profondo di partecipazione all’amore di Cristo fino alla crocifissione. Come il Cristo non ha abbandonato né l’umanità né la Chiesa, quando lo inchiodavano sulla croce, così ogni matrimonio contratto «nel Signore», conserva l’indissolubilità del legame fra Cristo e la Chiesa, anche quando è divenuto una crocifissione. La presenza di Cristo nel matrimonio del credente non esclude, quindi, a priori, incompatibilità di carattere, errori nella scelta matrimoniale, difficoltà con i figli, nervosità, malattia, noia. ma significa che, per i credenti, il Terzo, cioè Cristo, è sempre presente; Gesù Cristo da forza, conforto, speranza, mentre fa osservare come sia sempre meglio dare che ricevere (cf At 20,35). Chi si impregna di questo spirito nei giorni felici, potrà continuare a vivere di questa speranza nelle ore difficili.

Il pastore sia accorto nel tacere, tempestivo nel parlare

Dalla «Regola pastorale» di san Gregorio Magno, papa (Lib. 2, 4 PL 77, 30-31)
Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch’è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell’errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e, al dire di Cristo ch`è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio.
Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: «Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare» (Is 56, 10), e fa udire ancora il suo lamento: «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13, 5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi.
Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d’Israele. Per questo al popolo che ricadeva nuovamente nell’infedeltà fu detto: «I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato le tue iniquità, per cambiare la tua sorte» (Lam 2, 14). Nella Sacra Scrittura col nome di profeti son chiamati talvolta quei maestri che, mentre fanno vedere la caducità delle cose presenti, manifestano quelle future.
La parola di Dio li rimprovera di vedere cose false, perché, per timore di riprendere le colpe, lusingano invano i colpevoli con le promesse di sicurezza, e non svelano l’iniquità dei peccatori, ai quali mai rivolgono una parola di riprensione.
Il rimprovero è una chiave. Apre infatti la coscienza a vedere la colpa, che spesso è ignorata anche da quello che l’ha commessa. Per questo Paolo dice: «Perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono» (Tt 1, 9). E anche il profeta Malachia asserisce: «Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti» (Ml 2, 7).
Per questo il Signore ammonisce per bocca di Isaia: «Grida a squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce» (Is 58, 1).
Chiunque accede al sacerdozio si assume l’incarico di araldo, e avanza gridando prima dell’arrivo del giudice, che lo seguirà con aspetto terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della predicazione, egli, araldo muto qual’è, come farà sentire la sua voce? Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva riempito.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   Gn 2, 18-24
I due saranno un’unica carne.

Dal libro della Genesi
Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».
Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno de­gli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
Allora l’uomo disse:
«Questa volta è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta».
Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.

Salmo Responsoriale
    Sal 127

Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele!

Seconda Lettura
   Eb 2, 9-11
Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine.

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti.
Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza.
Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

Canto al Vangelo
   1 Gv 4,12 
Alleluia, alleluia.
Se ci amiamo gli uni gli altri,
Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.
Alleluia.

Vangelo   Mc 10, 2-16, forma breve 10, 2-12
L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

Dal vangelo secondo Marco
[In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».]
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.