Messa quotidiana

Omelia 17-4-16

Salve Regina, Madre di Misericordia…

IV DOMENICA DI PASQUA
Anno C
  
GesĂą, Pastore -Agnello, guida la Chiesa verso la gloria

Gesù, «Pastore-Agnello», è colui che, avendo dato la sua vita per le pecore (cf anno A e B), ha il potere di dare loro la vita eterna e di affidarle alla mano amorosa del Padre.

Seguire il buon Pastore
Il dono della vita eterna è appunto l’elemento che unifica le tre letture della messa (cf prima lettura, v. 48; seconda lettura, v. 17; vangelo, v. 28) e che ispira il cantico di giubilo dell’antifona di inizio.
Ciascuno oggi può sentirsi pieno di gioia e di esultanza pasquale perché, al di là delle situazioni più tristi e sconcertanti dell’esistenza terrena, sa che la bontà di Dio si rivolge personalmente ad ognuno e a tutti, senza distinzione e senza limiti.
E’ quanto viene annunciato dal raccontò degli Atti degli Apostoli: poichĂ© la comunitĂ  si dimostra chiusa e incapace di accogliere la «novità» del Vangelo, la Parola di vita si diffonde per altre vie, superando barriere razziali e nazionalistiche; i pagani l’accolgono e diventano così partecipi della vita eterna. Hanno ascoltato la voce del Pastore e lo hanno seguito, perciò sono pieni di gioia e di Spirito Santo (cf prima lettura: vv. 48 e 52; vangelo, v. 27). In lui giĂ  vivono l’esperienza di una «vita eterna» non proiettata esclusivamente nel futuro o nell’al di lĂ , ma giĂ  ora in via di attuazione.

Nella gloria davanti all’Agnello
La visione dell’Apocalisse ci presenta l’esito finale del progetto di Dio per tutta l’umanitĂ . La «moltitudine immensa» testimonia l’universalitĂ  della salvezza che l’amore dei Padre offre in Cristo­Agnello, a tutti gli uomini. E’ la realizzazione di quanto veniva annunciato nella prima lettura: «Io ti ho posto come luce per le genti, perchĂ© tu porti la salvezza sino alle estremitĂ  della terra» (v. 47). Ed ecco, l’immagine dell’Agnello si evolve in quella del Pastore, guida di una umanitĂ  completamente rinnovata nel suo modo di essere davanti a Dio: una umanitĂ  trionfale e gloriosa, in un mondo nuovo dal quale sono scomparse sofferenza e lacrime (cf prima lettura, vv. 16-17). Utopia?… Illusione?… E’ la Chiesa vista nel suo compimento finale, che sta davanti a noi come punto di arrivo, ma anche come progetto a cui deve conformarsi e configurarsi ogni comunitĂ  cristiana nel suo cammino verso la pienezza, nella continua dialettica tra il giĂ  e il non ancora.

ComunitĂ  eucaristica: anticipo e annuncio della gloria finale
Cristo risorto è il nostro capo, pastore e guida; egli ci ha preceduto nella via che conduce al Padre e in lui tutto il suo corpo, che è la Chiesa, ha già raggiunto la pienezza della vita eterna e divina. Di questa realtà è anticipo e annuncio l’assemblea eucaristica. Come la «moltitudine immensa» siamo riuniti attorno all’Agnello, dai suo sangue siamo oggi salvati e purificati; partecipando all’azione liturgica siamo il vero santuario dove si celebra la lode eterna di Dio e, nello stesso tempo, prestiamo a lui il nostro servizio sacerdotale (cf seconda lettura, v. 15). Allora, l’Agnello diventa il nostro Pastore e ci conduce alle acque della vita che ci sono offerte alla mensa della Parola e del Pane. L’assemblea liturgica diventa così segno dell’assemblea gloriosa dei cielo e il suo orizzonte si apre ad abbracciare tutti gli uomini chiamati al medesimo destino di salvezza e di gloria.
La realtà e la verità di questo «segno» devono però essere sperimentabili anche nella vita della comunità: una comunità non gelosa delle proprie tradizioni e chiusa nelle proprie sicurezze, quale si è dimostrata la comunità di Antiochia, ma aperta alla «novità» del Vangelo, orientata verso la realtà definitiva dei «mondo nuovo» attraverso l’impegno quotidiano di un umile e paziente sforzo di rinnovamento.
In concreto, l’amore fedele e invincibile promesso da Gesù-Pastore nel Vangelo deve essere lo stesso amore che circola con spirito di reciprocità fra tutti coloro — pastori e fedeli — che compongono la comunità. Si tratta di ricercare insieme il modo più adeguato per mettersi al servizio del Vangelo e realizzarlo secondo le esigenze e le situazioni dei mondo attuale; concordemente devono dimostrarsi aperti ad accogliere ogni fratello, ogni uomo che faccia appello al loro aiuto o venga a portare un annuncio di novità evangelica. Insomma, come veri discepoli di Gesù-Pastore, tutti i membri della comunità sono chiamati ad essere «pastori buoni e fedeli», impegnati a servizio degli altri, a procurare loro il bene e la gioia. La comunità cristiana diventa allora testimonianza viva di un «mondo nuovo»… Né utopia né illusione; ma realtà che può e deve cominciare già adesso mentre l’umanità è in cammino per raggiungere la pienezza del suo destino di gloria nella liturgia eterna dell’Agnello.

Cristo, buon pastore

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno papa
(Om. 14, 3-6; PL 76, 1129-1130)

«Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore», cioè le amo, «e le mie pecore conoscono me» (Gv 10, 14). Come a dire apertamente: corrispondono all’amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre l’amore della veritĂ .
Domandatevi, fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume della veritĂ . Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell’amore; non del solo credere, ma anche dell’operare. L’evangelista Giovanni, infatti, spiega: «Chi dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo» (1 Gv 2, 4).
Perciò in questo stesso passo il Signore subito soggiunge: «Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le pecore «(Gv 10, 15). Come se dicesse esplicitamente: da questo risulta che io conosco il Padre e sono conosciuto dal Padre, perchĂ© offro la mia vita per le mie pecore; cioè io dimostro in quale misura amo il Padre dall’amore con cui muoio per le pecore.
Di queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr. Gv 10, 14-16). Di esse aveva detto poco prima: «Se uno entra attraverso di me, sarĂ  salvo; entrerĂ  e uscirĂ  e troverĂ  pascolo» (Gv 10, 9). EntrerĂ  cioè nella fede, uscirĂ  dalla fede alla visione, dall’atto di credere alla contemplazione, e troverĂ  i pascoli nel banchetto eterno.
Le sue pecore troveranno i pascoli, perchĂ© chiunque lo segue con cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch’è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l’anima si sazia senza fine del cibo della vita.
Cerchiamo, quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito. S’infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri desideri s’infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarĂ  giĂ  un camminare.
Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la metà stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  At 13, 14. 43-52
Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Paolo e Bàrnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero.
Molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».
Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 99
Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida. 

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltĂ  di generazione in generazione.

Seconda Lettura  Ap 7, 9. 14-17
L’Agnello sarĂ  il loro pastore e li guiderĂ  alle fonti delle acque della vita.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarĂ  il loro pastore
e li guiderĂ  alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

Canto al Vangelo   Gv 10,14 
Alleluia, alleluia.

Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me.
Alleluia.  

Vangelo    Gv 10, 27-30
Alle mie pecore io do la vita eterna.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperĂ  dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».