Messa quotidiana

Omelia 25-10-14

 

Maria, Regina del Rosario, prega per noi

Beata Maria Teresa Ferragud Roig e 4 figlie suore Martiri

Algemesì, Spagna, 14 gennaio 1853 – Cruz Cubierta, Spagna, 25 ottobre 1936

Scandalizzati, ammirati o stupiti al sentir leggere dell’eroica fortezza della madre dei sette biblici fratelli Maccabei, che fu sofferta e convinta supporter dei figli nel loro martirio, coronandolo infine con lo spargimento del proprio sangue, forse non sappiamo quanti e quali emulazioni ebbe questa donna in 2000 anni di cristianesimo.  Di una vogliamo parlare questa settimana, anche perché il Papa, un paio d’anni fa, in occasione del 6° incontro mondiale delle Famiglie di Città del Messico, ha voluto indicare la sua famiglia a modello delle altre che, magari faticosamente, cercano di vivere la loro testimonianza cristiana. Maria Teresa Ferragud  Roig è nata ad Algemesi (provincia di Valencia) il 14 gennaio 1853 e si è formata nelle fila dell’Azione Cattolica: prima come Aspirante, poi tra le “Donne Cattoliche”: Ha una spiritualità robusta, nutrita dalla messa e dalla comunione quotidiana, ancorata all’adorazione eucaristica e illuminata dalla devozione mariana.  Poiché, poi, la fede vive di opere, è prodiga di carità verso i bisognosi all’interno della conferenza di San Vincenzo, di cui per alcuni anni sarà anche presidente. Il giorno in cui decide di sposarsi vuole un marito che la pensi come lei, soprattutto in materia di fede e di carità. Lo trova in Vincenzo Silverio Masiá, fatto della sua stessa pasta, che sposa a 19 anni: i testimoni, concordemente, affermano che uomo più devoto e caritatevole sarebbe stato difficile trovare e se oggi non lo veneriamo tra i beati della Chiesa è solo perché la sua fu la fine dell’uomo ordinario, morto nel proprio letto e non martirizzato, che ritroveremo un giorno tra i santi anonimi che popolano il paradiso, insieme ai santi di casa nostra. Danno vita ad una bella nidiata, ben nove figli, modellati sul loro stile e secondo il loro esempio, ed è significativo che i vicini di casa, notoriamente non teneri nei confronti di chi vive con loro gomito a gomito, definiscono “famiglia tutta santa” quella di Maria Teresa e Vincenzo: perché in essa si prega, si lavora, si vive in serena semplicità e si ha sempre un occhio di riguardo per chi ha bisogno. Non stupisce, dunque, che in una famiglia così fioriscano non una ma ben sei vocazioni religiose: due frati cappuccini (di cui uno muore nel 1927 e l’altro va missionario in America) e quattro suore di vita contemplativa. Per come andranno le cose ci interessiamo di queste ultime, a cominciare dalle tre cappuccine del monastero di Agullent e cioè suor Maria di Gesù (Vincenza) nata nel 1882, suor Maria Veronica (Gioacchina), nata nel 1884 e suor Maria Felicita (Francesca) del 1890, per terminare la serie con suor Giuseppa della Purificazione (Raimonda), del 1887, agostiniana scalza. Nel 1936, nel momento cruciale della guerra civile, si ritrovano tutte nella casa paterna perché i loro conventi han dovuto chiudere i battenti. A mamma, che ormai ha compiuto 83 anni, non sembra vero di riaverle vicine, anche se le sue “bambine” conservano in casa uno stile claustrale, fatto di preghiera, silenzio e raccoglimento. Nel pomeriggio del 19 ottobre, probabilmente per una soffiata del solito giuda di turno, le quattro suore vengono arrestate dai miliziani e da esse non vuole separarsi mamma, che forse potrebbe salvarsi per riguardo all’età. Per sei giorni attendono in cella la sentenza di morte, che arriva il 25 ottobre, a quell’epoca festa di Cristo Re, quando vengono prelevate dal carcere e portate sul luogo dell’esecuzione. Come ultimo desiderio, Maria Teresa chiede di essere giustiziata per ultima: le sta troppo a cuore fare il suo dovere di mamma fino all’ultimo, rincuorare le figlie, essere sicura della loro fedeltà fino alla morte. “Coraggio, figlie, è questione di un attimo, mentre l’eternità durerà per sempre”, la sentono gridare, mentre le incita: “Il vostro Sposo vi attende”.. Le vede cadere una alla volta, con il nome di Cristo Re sulle labbra e il perdono nel cuore, perciò è serena quando giunge il suo turno. Ai suoi assassini, evidentemente anche villani, che le urlano “Vecchia, non hai paura di morire ?”, può tranquillamente rispondere: “Finora ho seguito Cristo e lo farò fino alla fine. Dove sono andate le mie figlie andrò anch’io”, costringendoli così ad ammettere, ad esecuzione avvenuta, “Questa donna era davvero una santa” Il piombo spegne le sue parole, ma non la forza della sua testimonianza, tanto che Giovanni Paolo II, che per lei aveva una grande ammirazione, l’ha beatificata insieme alle sue quattro figlie nel 2001.

Autore: Gianpiero Pettiti

LITURGIA DELLA PAROLA 
  
Prima Lettura  Ef 4, 7-16
Cristo è il capo: da lui tutto il corpo cresce. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, a ciascuno di noi, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto:
«Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri,
ha distribuito doni agli uomini».
Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.
Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità.  

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 121 
Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore.

Secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.  

Canto al Vangelo
   
Ez 33,11 
Alleluia, alleluia.

Io non godo della morte del malvagio, dice il Signore,
ma che si converta dalla sua malvagità e viva.
Alleluia.

Vangelo   Lc 13, 1-9
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».