Messa quotidiana

Omelia 27-5-18

SAN FILIPPO NERI
Sacerdote (1515-1595)
Memoria

Fiorentino di nascita, romano di adozione, «Pippo buono», come lo chiamarono presto per il suo carattere ottimista e allegro, seppur vivace, si impegnò presto nella via della santità. Maturò la sua vocazione al sacerdozio in associazioni che si dedicavano alla preghiera e all’assistenza dei pellegrini, e degli ammalati poveri. Riunì attorno a sé, in un’atmosfera molto serena, un gruppo di giovani che aspiravano a una vita religiosa più intensa. Questi giovani formarono l’Oratorio,modellato sulle regole delle congregazioni di chierici regolari. Ascolto della Parola di Dio, canto (da qui prende il nome il genere musicale «Oratorio»), impegno concreto in opere di carità, crearono presto un ambiente che riuscì simpatico a numerosi giovani. Tra gli amici di san Filippo figurano i grandi «nomi » religiosi dell’epoca: Ignazio, Carlo, Camillo, Francesco di Sales, e tutti i papi contemporanei.

La vita religiosa più intensa, quella che sfocia nella carità verso i poveri, gli ammalati, gli umili, nasce da una spiritualità gioiosa. Ogni Liturgia Eucaristica anche nelle circostanze penitenziali o più dolorose, nasce dal «canto di gioia» del Prefazio, ci fa invocare Dio come Padre, e termina col banchetto al quale andiamo dichiarandoci «beati!» anche se peccatori.

 Rallegratevi nel Signore, sempre

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 171, 1-3. 5; PL 38, 933-935)

L’Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. «Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gc 4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore.
Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo già nel Signore.
Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo, non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).
Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla»? (Fil 4, 5-6).
E’ una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è fatto prossimo a noi per la sua misericordia?
Tutto il genere umano è quell’uomo che giaceva lungo la strada semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando, lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto, egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per diventare prossimo a noi.
«Non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 102, 10). Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l’Unico, per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo. L’unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.
Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nei fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla» (Fil 4, 5-6).

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
   Gc 5, 13-20

Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. 

Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Carissimi, chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.
Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.
Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.
Elìa era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.
Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.
Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.

Salmo Responsoriale  
  Dal Salmo 140 
A te, Signore, innalzo la mia preghiera.

Signore, a te grido, accorri in mio aiuto;
ascolta la mia voce quando t’invoco.
Come incenso salga a te la mia preghiera,
le mie mani alzate come sacrificio della sera.

Poni, Signore, una custodia alla mia bocca,
sorveglia la porta delle mie labbra.
A te, Signore mio Dio, sono rivolti i miei occhi;
in te mi rifugio, proteggi la mia vita.

Canto al Vangelo   Cf Mt 11,25
Alleluia, alleluia.

Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli.

Alleluia.

Vangelo   Mc 10, 13-16
Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
E prendendoli fra le braccia e ponendo le  mani sopra di loro li benediceva.