Messa quotidiana

Omelia 4-8-14

 

Spirito Santo accresci in noi il tuo Santo Amore

 

SAN GIOVANNI M. VIANNEY
Sacerdote  (1786-1859)  Memoria 

Nato presso Lione da contadini molto cristiani, crebbe durante la rivoluzione francese. Dopo infiniti stenti e difficoltà, raggiunse nel 1815 il sacerdozio e divenne tre anni dopo vicario-cappellano e poi primo parroco di Ars. Animato da gran desiderio di essere un vero pastore, buono di carattere, semplice, umile e sincero, con una straordinaria capacità di sacrificio, dapprima convertì la sua parrocchia, fino allora indifferente, e poi la trasformò in una comunità esemplare. Per quarant’anni Ars divenne un centro di attrazione:un pubblico innumerevole dall’Europa e dall’America assiepava con crescendo il suo confessionale, domandava i suoi consigli o una parola di luce e di conforto. Con una estrema semplicità di mezzi, la sua pastorale ebbe un’efficacia insuperabile; la sua predicazione convertiva, i suoi catechismi fondavano la fede e una vita cristiana. La forza della sua azione sacerdotale proveniva dalla testimonianza della sua vita povera, penitente, tutta fatta di fede, di carità, di dedizione, e dai doni carismatici che Dio gli largiva. Morì consunto a 73 anni. Pio XI lo canonizzò nel 1925 e nel 1929 lo proclamò patrono dei parroci. Il «Curato d’Ars» ricorda ai sacerdoti che la pastorale deve curare soprattutto l’evangelizzazione e i sacramenti, autentiche sorgenti della vita cristiana, e che l’organizzazione (per cui egli aveva non poche doti) deve «servire» a creare la comunità cristianamente impegnata.

L’opera più bella dell’uomo è quella di pregare e amare

Dal «Catechismo» di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote (Catéchisme sur la priére: A. Monnin, Esprit du Curé d’Ars, Parigi, 1899, pp. 87-89)
Fate bene attenzione, miei figliuoli: il tesoro del cristiano non è sulla terra, ma in cielo. Il nostro pensiero perciò deve volgersi dov’è il nostro tesoro. Questo è il bel compito dell’uomo: pregare ed amare. Se voi pregate ed amate, ecco, questa è la felicità dell’uomo sulla terra.
La preghiera nient’altro è che l’unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, è preso da una certa saovità e dolcezza che inebria, è purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa unione intima, Dio e l’anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno può più separare.
Come è bella questa unione di Dio con la sua piccola creatura! E’ una felicità questa che non si può comprendere. Noi eravamo diventati indegni di pregare. Dio però, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui. La nostra preghiera è incenso a lui quanto mai gradito.
Figliuoli miei, il vostro cuore è piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio. La preghiera ci fa pregustare il cielo, come qualcosa che discende a noi dal paradiso. Non ci lascia mai senza dolcezza. Infatti è miele che stilla nell’anima e fa che tutto sia dolce.
Nella preghiera ben fatta i dolori si sciolgono come neve al sole. Anche questo ci dà la preghiera: che il tempo scorra con tanta velocità e tanta felicità dell’uomo che non si avverte più la sua lunghezza. Ascoltate: quando ero parroco di Bresse, dovendo per un certo tempo sostituire i miei confratelli, quasi tutti malati, mi trovavo spesso a percorrere lunghi tratti di strada; allora pregavo il buon Dio, e il tempo, siatene certi, non mi pareva mai lungo.
Ci sono alcune persone che si sprofondano completamente nella preghiera come un pesce nell’onda, perché sono tutte dedite al buon Dio. Non c’è divisione alcuna nel loro cuore. O quanto amo queste anime generose! San Francesco d’Assisi e santa Coletta vedevano nostro Signore e parlavano con lui a quel modo che noi ci parliamo gli uni agli altri.
Noi invece quante volte veniamo in chiesa senza sapere cosa dobbiamo fare o domandare! Tuttavia, ogni qual volta ci rechiamo da qualcuno, sappiamo bene perché ci andiamo. Anzi vi sono alcuni che sembrano dire così al buon Dio: «Ho soltanto due parole da dirti, così mi sbrigherò presto e me ne andrò via da te». Io penso sempre che, quando veniamo ad adorare il Signore, otterremmo tutto quello che domandiamo, se pregassimo con fede proprio viva e con cuore totalmente puro.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   Ger 28, 1-17
Ananìa, il Signore non ti ha mandato e tu induci questo popolo a confidare nella menzogna.

Dal libro del profeta Geremìa
In quell’anno, all’inizio del regno di Sedecìa, re di Giuda, nell’anno quarto, nel quinto mese, Ananìa, figlio di Azzur, il profeta di Gàbaon, mi riferì nel tempio del Signore sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo: «Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Io romperò il giogo del re di Babilonia! Entro due anni farò ritornare in questo luogo tutti gli arredi del tempio del Signore che Nabucodònosor, re di Babilonia, prese da questo luogo e portò in Babilonia. Farò ritornare in questo luogo – oracolo del Signore – Ieconìa, figlio di Ioiakìm, re di Giuda, con tutti i deportati di Giuda che andarono a Babilonia, poiché romperò il giogo del re di Babilonia».
Il profeta Geremìa rispose al profeta Ananìa, sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo, che stavano nel tempio del Signore. Il profeta Geremìa disse: «Così sia! Così faccia il Signore! Voglia il Signore realizzare le cose che hai profetizzato, facendo ritornare gli arredi nel tempio e da Babilonia tutti i deportati. Tuttavia ascolta ora la parola che sto per dire a te e a tutto il popolo. I profeti che furono prima di me e di te dai tempi antichissimi profetizzarono guerra, fame e peste contro molti paesi e regni potenti. Il profeta invece che profetizza la pace sarà riconosciuto come profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà».
Allora il profeta Ananìa strappò il giogo dal collo del profeta Geremìa, lo ruppe e disse a tutto il popolo: «Così dice il Signore: A questo modo io romperò il giogo di Nabucodònosor, re di Babilonia, entro due anni, sul collo di tutte le nazioni». Il profeta Geremìa se ne andò per la sua strada.
Dopo che il profeta Ananìa ebbe rotto il giogo che il profeta Geremìa portava sul collo, fu rivolta a Geremìa questa parola del Signore: «Va’ e riferisci ad Ananìa: Così dice il Signore: Tu hai rotto un giogo di legno, ma io, al suo posto, ne farò uno di ferro. Infatti, dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Pongo un giogo di ferro sul collo di tutte queste nazioni perché siano soggette a Nabucodònosor, re di Babilonia, e lo servano; persino le bestie selvatiche gli consegno».
Allora il profeta Geremìa disse al profeta Ananìa: «Ascolta, Ananìa! Il Signore non ti ha mandato e tu induci questo popolo a confidare nella menzogna; perciò dice il Signore: Ecco, ti faccio sparire dalla faccia della terra; quest’anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione al Signore». In quello stesso anno, nel settimo mese, il profeta Ananìa morì.

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 118
Insegnami, Signore, i tuoi decreti.

Tieni lontana da me la via della menzogna,
donami la grazia della tua legge.
Non togliere dalla mia bocca la parola vera,
perché spero nei tuoi giudizi.

Si volgano a me quelli che ti temono
e che conoscono i tuoi insegnamenti.
Sia integro il mio cuore nei tuoi decreti,
perché non debba vergognarmi.

I malvagi sperano di rovinarmi;
io presto attenzione ai tuoi insegnamenti.
Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu a istruirmi.     

Canto al Vangelo   Gv 1,49  
Alleluia, alleluia.

Rabbì, tu sei il Figlio di Dio,
tu sei il re d’Israele!.
Alleluia.

Vangelo   Mt 14, 22-36
Comandami di venire verso di te sulle acque.

Dal vangelo secondo Matteo
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.