Messa quotidiana

Omelia 5-10-14

 

Signore aiutaci a sperare sempre nella tua misericordia

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno A

Il giudizio di Dio sul suo popolo

L’allegoria della vigna richiama il tema delle nozze di Iahvè con Israele, tema che ricorrerà sovente nella letteratura biblica. Talora Israele è designato come vigna (Ger 2,21; Ez 15,1-8; 17,3-10; 19, 10-14; Sal 79,9-17), talora come la sposavezzeggiata e poi ripudiata per la sua infedeltà (Ez 16; Mt 22,2-14; 25,1-13).
In questo canto di Isaia le due linee si mescolano perfettamente attraverso quasi una sovrapposizione di immagini. L’intervento del profeta richiama il ruolo dell’amico dello sposo.

L’immagine della vigna
Le attenzioni di cui la vigna è circondata (v. 2; vedi anche vangelo) sono quelle che Dio prodiga alla sua sposa (Ez 16,1-14; Ef 5, 25-33). Il giudizio che Dio porta sulla vigna si svolge in pubblico, come esigeva la Legge in caso di adulterio. Infine la condanna della vigna alla sterilità è la maledizione inflitta alla sposa infedele (Ez16,35-43; Os 2,4-15).
L’immagine della vigna, come d’altronde quella della sposa, diventano quasi unesempio della storia della salvezza, dell’agire di Dio nei confronti del suo popolo e del mondo intero.
Il dialogo di Dio con gli uomini si rivela in forma drammatica, ma alla fine è sempre l’amore che trionfa sul rifiuto e sulla infedeltà dell’uomo.
Ecco perché salta subito agli occhi la differenza tra la prima lettura e il vangelo: mentre secondo il profeta, Dio abbatte la vigna che non produce frutti, nella parabola essa è consegnata ad altri «vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». Viene indicato, così, il compito della Chiesa dopo la morte di Gesù. La Chiesa è il nuovo popolo che ha la missione di «portare frutti». Per questo essa ha preso il posto di Israele e l’ha preso a Pasqua quando «la pietra che i costruttori hanno scartata, è diventata testata d’angolo». Questa pietra è Gesù che, respinto e crocifisso, è ora risorto, e diventa il fondamento stabile su cui ogni costruzione futura dovrà poggiare.
Come si vede, l’insegnamento è quello della parabola precedente (cf domenica XXVI), ma qui la prospettiva si allarga in chiave cristologica. Si comprendono meglio le opere che sono richieste: opere che esigono la morte, che passano attraverso l’accettazione del mistero di Cristo morto e risorto.

Elezione e riprovazione
Il vecchio Simeone aveva previsto che Gesù sarebbe stato un «segno di contraddizione», e che era posto «per la rovina e la risurrezione di molti» (Lc 2,34). La parabola di oggi è una interpretazione di questa profezia e un annuncio della vicenda pasquale di Gesù. Il popolo «eletto» rifiuta Gesù come messia, continuando la tradizione di rifiutare i profeti, perché il loro messaggio non coincide con le sue attese e i suoi interessi di potenza. Ma nonostante ciò l’iniziativa di Dio giunge a compimento, proponendo il Rifiutato come Signore vivente ad un’altra «nazione». Israele rifiuta Gesù, Dio ripudia il suo popolo, ma la storia della salvezza continua, in un modo nuovo.
L’immagine della storia di Israele e il suo misterioso destino richiamano anche noi, oggi, al mistero di una elezione che per colpa dell’uomo si cambia in riprovazione, mentre emergono e si fanno avanti nuovi eletti, nuovi predestinati. Nessuno di noi cristiani si sente al di fuori di questo tremendo e insondabile mistero perché la vicenda del popolo eletto si può ripetere nella storia e nella coscienza di ciascuno di noi, in quanto l’elezione da parte di Dio esige sempre una fedele risposta personale.

Le Chiese morte del futuro
Certo noi abbiamo la promessa che il «nuovo popolo» non sarà riprovato e che le potenze del male non prevarranno contro la Chiesa, ma è sempre impressionante pensare come parecchie delle fiorentissime comunità cristiane dei primi secoli (le Chiese di Africa e dell’Asia Minore) sono state cancellate dalla faccia della terra e di esse non rimane che il nome ed il ricordo. Che cosa sarà delle comunità cristiane dell’Occidente fra qualche secolo? Saranno Chiese fiorenti, comunità fervorose e vivaci, o la fiaccola della fede e dell’elezione passerà nelle mani delle nuove Chiese africane, asiatiche o dell’America Latina? Si parlerà delle Chiese delle nostre attuali città come noi ora parliamo della Chiesa di Pergamo, di Filadelfia o di Ippona? Cioè come di Chiese del passato, il cui ricordo sopravvive solo nella memoria e nei monumenti?
Il processo di secolarizzazione e di secolarismo, che in molti casi ha già ridotto la Chiesa in stato di diaspora e di presenza poco significativa, cancellerà dalle nostre regioni ogni vestigio di tradizione e di cultura cristiana, o sarà l’occasione per la riscoperta di un nuovo modo di essere cristiani e di vivere il Vangelo?

Il pastore sia accorto nel tacere, tempestivo nel parlare

Dalla «Regola pastorale» di san Gregorio Magno, papa (Lib. 2, 4 PL 77, 30-31)
Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch’è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell’errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e, al dire di Cristo ch`è la veritĂ , non attendono piĂą alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio.
Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: «Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare» (Is 56, 10), e fa udire ancora il suo lamento: «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13, 5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi.
Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la veritĂ , se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d’Israele. Per questo al popolo che ricadeva nuovamente nell’infedeltĂ  fu detto: «I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato le tue iniquitĂ , per cambiare la tua sorte» (Lam 2, 14). Nella Sacra Scrittura col nome di profeti son chiamati talvolta quei maestri che, mentre fanno vedere la caducitĂ  delle cose presenti, manifestano quelle future.
La parola di Dio li rimprovera di vedere cose false, perchĂ©, per timore di riprendere le colpe, lusingano invano i colpevoli con le promesse di sicurezza, e non svelano l’iniquitĂ  dei peccatori, ai quali mai rivolgono una parola di riprensione.
Il rimprovero è una chiave. Apre infatti la coscienza a vedere la colpa, che spesso è ignorata anche da quello che l’ha commessa. Per questo Paolo dice: «PerchĂ© sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono» (Tt 1, 9). E anche il profeta Malachia asserisce: «Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perchĂ© egli è messaggero del Signore degli eserciti» (Ml 2, 7).
Per questo il Signore ammonisce per bocca di Isaia: «Grida a squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce» (Is 58, 1).
Chiunque accede al sacerdozio si assume l’incarico di araldo, e avanza gridando prima dell’arrivo del giudice, che lo seguirĂ  con aspetto terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della predicazione, egli, araldo muto qual’è, come farĂ  sentire la sua voce? Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva riempito.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Is 5,1-7
La vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele.

Dal libro del profeta Isaia
Voglio cantare per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate;
in mezzo vi aveva costruito una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi.
E ora, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha prodotto acini acerbi?
Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerĂ  in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrĂ  calpestata.
La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa d’Israele;
gli abitanti di Giuda
sono la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 79
La vigna del Signore è la casa d’Israele.

Hai sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai aperto brecce nella sua cinta
e ne fa vendemmia ogni passante?
La devasta il cinghiale del bosco
e vi pascolano le bestie della campagna.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Da te mai piĂą ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Seconda Lettura
  Fil 4,6-9
Mettete in pratica queste cose e il Dio della pace sarĂ  con voi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirĂ  i vostri cuori e le vostre menti in Cristo GesĂą.
In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.
Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarĂ  con voi!

Canto al Vangelo 
  Gv 15,16
Alleluia, alleluia.

Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga.
Alleluia.

   

Vangelo  Mt 21,33-43
DarĂ  in affitto la vigna ad altri contadini.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, GesĂą disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».