Messa quotidiana

Santa Messa 1-8-19

Spirito Santo accendi in noi il fuoco del tuo amore

SAN ALFONSO MARIA de’ LIGUORI

vescovo e dottore della Chiesa 

(1696-1787) 

Giovanissimo, fu brillante avvocato del foro di Napoli. Fallita una causa di grido, persegue una causa più alta: si fece sacerdote per evangelizzare la povera gente delle campagne e fondò per questo la Congregazione del SS. Redentore, i Redentoristi. Incontrò prove e ostacoli, che superò con invitta pazienza. Fatto vescovo di Sant’Agata dei Goti (Benevento), dopo un’intensa e bersagliata attività, si ritirò a Pagani, dove scrisse fino alla morte, fedele al suo voto di non perdere mai tempo. Al pessimismo religioso e al rigorismo puritano e giansenista oppose un’immensa fiducia nella misericordia redentrice di Dio. La santità è la meta dell’esistenza umana: « Dio vuol tutti santi e ognuno nello stato suo: il religioso da religioso, il secolare da secolare, il mercante da mercante, il soldato da soldato » (Pratica di amar Gesù Cristo, VIII, 10). La preghiera è un’immensa potenza per l’uomo. Alfonso fu un grande maestro di morale e di pietà, caldeggiando in particolare la devozione all’Eucaristia e a Maria Vergine, il più bel frutto della Redenzione. Dichiarato dottore della Chiesa, è patrono dei confessori e dei moralisti.

 

L’amore di Cristo

Dalla «Pratica di amare Gesù Cristo» di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo  (Cap. 1, 1-5)
Tutta la santità e la perfezione di un’anima consiste nell’amar Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene e nostro Salvatore. La carità è quella che unisce e conserva tutte le virtù che rendono l’uomo perfetto.
Forse Iddio non si merita tutto il nostro amore? Egli ci ha amati sin dall’eternità. «Uomo, dice il Signore, considera ch’io sono stato il primo ad amarti. Tu non eri ancora al mondo, il mondo neppure v’era ed io già t’amavo. Da che sono Dio, io t’amo». Vedendo Iddio che gli uomini si fan tirare dà benefici, volle per mezzo de’ suoi doni cattivarli al suo amore. Disse pertanto: «Voglio tirare gli uomini ad amarmi con quei lacci con cui gli uomini si fanno tirare, cioè coi legami dell’amore». Tali appunto sono stati i doni fatti da Dio all’uomo. Egli dopo di averlo dotato di anima colle potenze a sua immagine, di memoria, intelletto e volontà, e di corpo fornito dei sensi, ha creato per lui il cielo e la terra e tante altre cose tute per amor dell’uomo; acciocché servano all’uomo, e l’uomo l’ami per gratitudine di tanti doni.
Ma Iddio non è stato contento di donarci tutte queste belle creature. Egli per cattivarsi tutto il nostro amore è giunto a donarci tutto se stesso. L’Eterno Padre è giunto a darci il suo medesimo ed unico Figlio. Vedendo che noi eravamo tutti morti e privi della sua grazia per causa del peccato, che fece? Per l’amor immenso, anzi, come scrive l’Apostolo, per il troppo amore che ci portava, mandò il Figlio diletto a soddisfare per noi, e così renderci quella vita che il peccato ci aveva tolta.
E dandoci il Figlio (non perdonando al Figlio per perdonare a noi), insieme col Figlio ci ha donato ogni bene: la sua grazia, il suo amore e il paradiso; poiché tutti questi beni sono certamente minori del Figlio: «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8, 32).

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   Es 40, 16-21. 34-38
La nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora.

Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, Mosè eseguì ogni cosa come il Signore gli aveva ordinato: così fece.
Nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fissò le traverse e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato.
Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora.
Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 83
Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!

L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.

Anche il passero trova una casa
e la rondine il nido
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio.

Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio,
cresce lungo il cammino il suo vigore.

Sì, è meglio un giorno nei tuoi atri
che mille nella mia casa;
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende dei malvagi. 

Canto al Vangelo    At 16,14
Alleluia, alleluia.

Apri, Signore, il nostro cuore
e comprenderemo le parole del Figlio tuo.
Alleluia.


Vangelo
Mt 13, 47-53
Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.