Messa quotidiana

Santa Messa 11-6-21

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VENERDÌ DELLA TERZA SETTIMANA DOPO PENTECOSTE
SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ 

Anno B – Solennità

Solo Dio ama così

Il desiderio più profondo dell’uomo è di amare e di essere amato. Un  amore non corrisposto è un tormento che  può condurre alla pazzia e al suicidio: tutte le letterature del mondo ne parlano. Si potrebbe dire con ragione che: amare ed essere amato è il tutto dell’uomo.  Non per nulla il Concilio ci ricorda che «Dio non creò l’uomo lasciandolo solo: fin  da principio  “uomo e donna li creò” (Gn 1,27), e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone» (GS 12).
La sete di felicità è una sete di amore; ma solo un amore vero, grande, profondo, duraturo, rende felici. Ora gli uomini fanno purtroppo ininterrottamente due constatazioni: un amore veramente pieno non esiste, o non dura, perché pur sempre troncato dalla morte; l’amore subisce tutti gli attentati che lo degradano, lo sviliscono, lo intaccano, lo uccidono. Allora, gli uomini dovranno restare per sempre così frustrati? È insaziabile la loro sete?
La  storia della salvezza viene a dirci che massimamente su questo punto l’uomo ha  bisogno di essere  liberato, reintegrato, restaurato, redento; che l’uomo deve imparare ad amare  con sincerità e pienezza, ma che il suo amore non sarà tale se non è integrato nell’amore di Dio; di più: che Dio si  è fatto uomo per insegnare agli uomini che cosa è l’amore, come si  ama.

Il cuore di Dio freme nel vedere infranto l’amore
Il  brano di Osea fonde insieme tenerezza  e passione fremente, sdegno trattenuto e volontà di  salvare (prima lettura). Gli uomini amati da Dio, il popolo colmato di amore e di cure, non hanno corrisposto. Dio, che ama appassionatamente, vincerà col suo amore l’incorrispondenza e la ribellione, ricondurrà  a sé l’umanità, la farà maturare nell’amore. Gli uomini dovranno rientrare in se stessi e capire finalmente di quale amore Dio li ha amati, quali cure si è preso di loro. Siamo  diventati così insensibili, oggi, così incapaci di vedere e di sentire, da non accorgerci che attorno a noi, dentro di noi, vi è un amore dal quale proviene tutto ciò che è buono, bello, vero, valido nella nostra vita?
La festa del Cuore di Cristo è un appello a riflettere, a pensare prima a noi che a lui, per giungere a sperimentare il suo amore, per vedere che noi siamo frutto del suo amore, e che perciò dobbiamo  essere amore per lui. Da questa riflessione sgorgherà un canto di liberazione, di gioia (cf salmo responsoriale).

Nell’amore di Cristo si innesta in noi l’Amore che è Dio
Eppure, nonostante tutto — almeno di fronte alla morte — l’uomo sente paura e angoscia.  Chi ci darà sicurezza? Chi ci può  soddisfare nel desiderio bruciante di amare ed essere pienamente amati?
San  Paolo sente questo dramma umano e scrive a popoli che lo sentivano in maniera cruda, perché avvolti in ideologie tutt’altro che rassicuranti, fra culti e divinità crudeli o sciocche. La magnifica  pagina della lettera agli Efesini fa sentire ai cristiani convertiti dal paganesimo che sono tutti  avvolti in un immenso, tenero e forte amore che sorpassa ogni conoscenza, e che  ricolma gli uomini di tutta la pienezza di Dio (seconda  lettura).
Sulla prima e sull’ultima pagina della vita terrena dell’uomo, e su tutta la trama che la distende, è scritto: Dio ti ama e ti  salva  in Cristo;  e l’eterno destino dell’uomo è: per sempre felice nella pienezza di Amore che è Dio. Questa testimonianza può e deve renderla il cristiano a ogni uomo.

Gli uomini vedranno fino a che punto Dio ama
Sul Calvario sembra tutto finito: lo è per coloro che hanno crocifisso Gesù. Invece il discepolo  amato intuisce che tutto ora comincia su un piano più alto.  Egli vede il pieno significato di quel sacrifìcio: il vero Agnello di Dio è stato immolato nella vera Pasqua per la più vera e piena liberazione degli uomini dalla schiavitù dell’odio, del male, del peccato: «Era, quello, un giorno solenne»!  È l’amore che trionfa, che «si apre» (il cuore trafitto ne è simbolo) per  riversare sugli uomini lefonti della grazia (il sangue e l’acqua, simbolo dei sacramenti), e finalmente gli uomini vedranno e capiranno di quale amore Dio li ha amati. L’evangelista mostra tutto il significato che egli vede in ciò che ha minutamente descritto: «Chi ha visto ne  dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate» (vangelo).
La celebrazione odierna  è una esaltazione dell’Amore;  mostra che tutto è dovuto all’amore: dalla creazione, alla redenzione, all’eterno destino di gloria nella pienezza dell’Amore-Dio. Nulla di più virile, di più forte dell’amore divino-umano del Cristo, niente di più virile, di più nobile che riconoscere e ricambiare tale amore.

Presso di te è la sorgente della vita

Dalle «Opere» di san Bonaventura, vescovo
(Opusc. 3, Il legno della vita, 29-30. 47; Opera omnia 8, 79)

Considera anche tu, o uomo redento, chi, quanto grande e di qual natura sia colui che pende per te dalla croce. La sua morte dà la vita ai morti, al suo trapasso piangono cielo e terra, le dure pietre si spaccano.
Inoltre, perché dal fianco di Cristo morto in croce fosse formata la Chiesa e si adempisse la Scrittura che dice: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19, 37), per divina disposizione è stato permesso che un soldato trafiggesse e aprisse quel sacro costato. Ne uscì sangue ed acqua, prezzo della nostra salvezza. Lo sgorgare da una simile sorgente, cioè dal segreto del cuore, da’ ai sacramenti della Chiesa la capacità di conferire la vita eterna ed è, per coloro che già vivono in Cristo, bevanda di fonte viva «che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14).
Sorgi, dunque, o anima amica di Cristo. Sii come colomba «che pone il suo nido nelle pareti di una gola profonda» (Ger 48, 28). Come «il passero che ha trovato la sua dimora» (Sal 83, 4), non cessare di vegliare in questo santuario. Ivi, come tortora, nascondi i tuoi piccoli, nati da un casto amore. Ivi accosta la bocca per attingere le acque dalle sorgenti del Salvatore (cfr. Is 12, 3). Da qui infatti scaturisce la sorgente che scende dal centro del paradiso, la quale, divisa in quattro fiumi (cfr. Gn 2, 10) e, infine, diffusa nei cuori che ardono di amore, feconda ed irriga tutta la terra.
Corri a questa fonte di vita e di luce con vivo desiderio, chiunque tu sia, o anima consacrata a Dio, e con l’intima forza del cuore grida a lui: «O ineffabile bellezza del Dio eccelso, o splendore purissimo di luce eterna! Tu sei vita che vivifica ogni vita, luce che illumina ogni luce e che conserva nell’eterno splendore i multiformi luminari che brillano davanti al trono della tua divinità fin dalla prima aurora.
O eterno e inaccessibile, splendido e dolce fluire di fonte nascosta agli occhi di tutti i mortali! La tua profondità é senza fine, la tua altezza senza termine, la tua ampiezza è infinita, la tua purezza imperturbabile!
Da te scaturisce il fiume «che rallegra la città di Dio» (Sal 45, 5), perché «in mezzo ai canti di una moltitudine in festa» (Sal 41, 5) possiamo cantare cantici di lode, dimostrando, con la testimonianza, dell’esperienza, che «in te é la sorgente della vita e alla tua luce vediamo la luce» (Sal 35, 10).


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   Os 11, 1. 3-4. 8-9
Il mio cuore si commuove dentro di me.

Dal libro del profeta Osea
Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato
e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano,
ma essi non compresero che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore,
ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia,
mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione.
Non darò sfogo all’ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Èfraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te
e non verrò da te nella mia ira.

Salmo Responsoriale   Is 12,2-6
Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

Ecco, Dio è la mia salvezza;

io avrò fiducia, non avrò timore,

perché mia forza e mio canto è il Signore:

egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia

alle sorgenti della salvezza.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,

proclamate fra i popoli le sue opere,

fate ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,

le conosca tutta la terra.

Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,

perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

Seconda Lettura   Ef 3, 8-12. 14-19
Conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, a me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla at­tuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo in­teriore mediante il suo Spirito.
Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Canto al Vangelo   Mt 11,29
Alleluia, alleluia.

Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.

Oppure: 1 Gv 4,10
Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio
come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Alleluia.

Vangelo   Gv 19, 31-37
Uno dei soldati gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.

Dal vangelo secondo Giovanni

Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.

Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».