Messa quotidiana

Santa Messa 18-1-24

BEATA CRISTINA DA LUCOLI

Nel nostro pellegrinare nella famiglia della santità agostiniana, incontriamo la beata Cristina, una monaca di molti secoli fa che visse in raffinata virtù e nel tempo in cui fatti mistici e rapimenti d’estasi caratterizzavano la santità dell’epoca.

La prima biografia sulla sua vicenda terrena venne scritta da un nobile aquilano, Giampietro Interverj, intorno al 1595, 52 anni dopo la morte di Cristina. Ma quest’opera manoscritta divenne irreperibile. Ne comparve un’altra a Colonia, in Germania, stampata in latino e firmata da Cornelius Curtius, un dotto agostiniano belga, storico dell’ordine a cui apparteneva.

Il suo nome, al secolo,  era Mattia e nacque nel 1480 (probabilmente il 24 febbraio, giorno dedicato a san Mattia) a Colle di Lucoli, presso l’Aquila, in Abruzzo. Non attratta dai normali giochi di quell’età (noci, bambole…), spesso si soffermava sulle immagini sacre: «Se ne vedeva qualcuna in mano ad altri, eccola subito a salutarla col sorriso degli occhi; se la teneva tra le sue mani, la ricopriva di baci incessanti», sta scritto sulla biografia di Cornelius Curtius.

Trascorreva il tempo a pregare in casa, in una stanza appartata, dove il padre aveva posto un’immagine della Vergine Maria con il Cristo.Molto bella d’aspetto, non vantava tale sua dote, respingendo ogni eleganza nel vestire. La bellezza sembrava a lei un ostacolo per il suo avvicinamento a Dio: non voleva insomma piacere agli altri per piacere soltanto al Signore, perciò brigò tanto per diventare più brutta:  non si lavava, digiunava e lavorava come le serve, ma con risultati negativi, perciò chiese l’intercessione della Madonna «ed allora una bruttezza repentina sfigurò Mattia, al punto che l’avresti detta tratta fuori dal sepolcro, pallida come un cadavere».

I suoi genitori presero a seguirla come una guida. Mattia li teneva distanti da ogni ansietà per i beni temporali e li indirizzava alla solerzia dell’operare per il regno dei cieli. Padre e madre consideravano così le raccomandazioni della figlia delle vere e proprie fondamenta per la loro vita. Apprendevano una vita migliore «fino a scorgere in lei una madre». Non lasciarono più allontanarsi poveri e monaci dalla propria casa a mani vuote.

Un giorno Mattia minaccia un ragazzo abituato a bestemmiare e ad offendere soprattutto sant’Antonio: «Bada che se non smetterai di bestemmiare il santo Abate, ecco io vedo un nero demonio assalirti alle spalle, pronto a soffocarti in gola una tale bestemmia!». Così avvenne. Il giovane, in groppa ad un asino lento nel camminare, proruppe in una bestemmia contro sant’Antonio: scaraventato a terra si fratturò il cranio e «col collo spezzato, trova all’improvviso una morte spaventosa».

Sorte simile accadde ad un suo cognato che non osservava il precetto festivo per dedicarsi «col fare proprio dei ricchi insolenti» alla caccia. Era solita anche predire le disgrazie, come avvenne per l’omicidio di cinque uomini ed una donna, fatto che avvenne addirittura quindici anni dopo la sua scomparsa.

Esperienze mistiche e soprannaturali erano per lei quasi pane quotidiano: «…avvertita da una voce angelica di spingere lo sguardo da una finestra di casa che si apriva sull’aia, volse gli occhi da per tutto e in ogni senso a indagare in lontananza, quindi diresse lo sguardo verso il convento detto di San Giuliano, dove era infermo Fra’ Vincenzo, uomo di grande santità e meritatamente assai noto. Vide allora una scala che si prolungava dal cielo fino a terra e discendere per essa, ordinatamente a due a due, degli angeli, in lunga processione, recando ciascuno un cero acceso, e inoltrarsi in direzione di San Giuliano. Chiudeva la processione il Re degli angeli, Cristo, nella maestà di Pontefice, sfolgorante d’immenso splendore» e recò sulle braccia «sollevate l’anima di Fra’ Vincenzo», il quale realmente era perito in quel momento.

Attraverso la sua guida spirituale, padre Girolamo da Tussio, decide di abbandonare per sempre il mondo e di ritirarsi a vita monastica. Ha 25 anni e il suo cuore è ormai totalmente rapito dalle dimensioni trascendenti. Nel 1505 prende perciò il nome di Cristina per essere più in affinità con il suo Sposo e riceve l’abito monacale dell’ordine di Sant’Agostino.

«Parca di cibo, a ricordo del Cristo sofferente, trascorreva il venerdì nutrendosi tutt’al più di solo pane ed acqua; nei venerdì di Quaresima restava affatto digiuna. Limitava moltissimo il sonno, trascorrendo la maggior parte della notte nella preghiera e nelle penitenze».

Divenne Badessa per volere delle consorelle e svolse con atteggiamento materno tale missione. Preveniva le figlie nei servizi più umili e salvò nell’anima e nella salute molte persone.

Devota di san Marco recitava in suo onore ogni giorno il santo rosario e una volta le apparve san Martino di Tours e le domandò: «Perché onori di tanto affetto san Marco e non fai lo stesso verso di me?», da allora la beata Cristina prese a pregarlo e ad affidarsi al santo.

Spesso veniva presa dall’estasi e aveva una tale comunione con il mondo ultraterreno che per lei non fu affatto difficile distaccasi dalla terra. Avvenne il 18 gennaio del 1543 all’età di 63 anni.

I fanciulli dettero notizia, per le vie, della morte di suor Cristina e il Prefetto provinciale fu costretto a concedere l’esposizione in pubblico della salma. Inizia allora un lungo elenco di miracoli e grazie post mortem: cura una piaga di un legnaiolo, guarisce da due ferite mortali un ufficiale giudiziario, rende la vista ad un cieco, raddrizza uno storpio, guarisce un domenicano alla gamba e all’omero, risana un femore ad un francescano e libera una monaca da una terribile emicrania. Conclude Cornelius Curtius: «Aggiungerei altri casi, se non fossero tali da poter arrecare noia al lettore, per la somiglianza che hanno tra loro. Sono sufficientemente valide queste testimonianze, che dimostrano che Cristina vive tra i celesti vita immortale, non immemore dei mortali».


Autore: 
Cristina Siccardi

LITURGIA DELLA PAROLA 

Prima Lettura1 Sam 18, 6-9: 19,1-7
Saul, mio padre, cerca di ucciderti.


Dal primo libro di Samuèle
In quei giorni, mentre Davide tornava dall’uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i tamburelli, con grida di gioia e con sistri. Le donne cantavano danzando e dicevano:
«Ha ucciso Saul i suoi mille
e Davide i suoi diecimila».
Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: «Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dati mille. Non gli manca altro che il regno». Così da quel giorno in poi Saul guardava sospettoso Davide.
Saul comunicò a Giònata, suo figlio, e ai suoi ministri di voler uccidere Davide. Ma Giònata, figlio di Saul, nutriva grande affetto per Davide. Giònata informò Davide dicendo: «Saul, mio padre, cerca di ucciderti. Sta’ in guardia domani, sta’ al riparo e nasconditi. Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Ciò che vedrò te lo farò sapere».
Giònata parlò dunque a Saul, suo padre, in favore di Davide e gli disse: «Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non ha peccato contro di te, che anzi ha fatto cose belle per te. Egli ha esposto la vita, quando abbatté il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande salvezza a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?». Saul ascoltò la voce di Giònata e giurò: «Per la vita del Signore, non morirà!».
Giònata chiamò Davide e gli riferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase alla sua presenza come prima.

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 55
In Dio confido, non avrò timore.

Pietà di me, o Dio, perché un uomo mi perseguita,
un aggressore tutto il giorno mi opprime.
Tutto il giorno mi perseguitano i miei nemici,
numerosi sono quelli che dall’alto mi combattono.

I passi del mio vagare tu li hai contati,
nel tuo otre raccogli le mie lacrime:
non sono forse scritte nel tuo libro?
Allora si ritireranno i miei nemici,
nel giorno in cui ti avrò invocato.

Questo io so: che Dio è per me.
In Dio, di cui lodo la parola,
nel Signore, di cui lodo la parola.

In Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrĂ  farmi un uomo?
Manterrò, o Dio, i voti che ti ho fatto:
ti renderò azioni di grazie.

Canto al Vangelo   2 Tm 1,10 
Alleluia, alleluia.

Il Salvatore nostro GesĂą Cristo ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
Alleluia.

Vangelo   Mc 3, 7-12
Gli spiriti impuri gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.