Messa quotidiana

Santa Messa 18-2-22

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BEATO GIOVANNI DA FIESOLE

“Chi fa cose di Cristo, con Cristo deve star sempre”. Era solito ripeterlo Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro, noto come Beato Angelico. Convinzione del pittore era che ogni azione dovesse essere orientata da Dio. Anche la pittura, dono in cui eccelleva, fu da lui intesa come espressione dell’esperienza contemplativa, strumento di lode e di elevazione delle menti alle realtà celesti. Nato a Vicchio del Mugello in Toscana a fine XIV secolo, fin da giovane mostrò una spiccata predisposizione per il disegno e la miniatura. Insistente si fece nell’animo del giovane quell’anelito al bello, che se in un primo momento lo aveva portato ad assecondare l’innato talento artistico, negli anni si tradusse in una chiara, distinta chiamata alla vocazione religiosa da parte di Dio, colui che è Bellezza.

La pittura come preghiera
Insieme al fratello Benedetto entrò nel convento domenicano di Fiesole: preghiera, studio e austerità affinarono lo spirito e il pennello di Fra’ Giovanni conducendolo a tradurre in immagini cariche di umanità e misticismo il frutto della sua orazione. Crocifissi, Madonne, Annunciazioni vibranti di luce diafana e pale d’altare sono espressione di un’anima che in semplicità evangelica, attraverso un umile, disciplinato lavoro di bottega, seppe vivere con il cuore in cielo. Si narra dipingesse in ginocchio e non iniziasse mai una pittura senza aver prima pregato, commuovendosi quando riproduceva il Cristo in croce.

Sintesi tra Umanesimo e fede
Nell’Angelico, così lo chiamò per la prima volta fra Domenico da Corella nel 1469, non c’è mai antitesi tra umanità e divinità, corpo e spirito, fede e ragione: la dolcezza, la grazia, la beatitudine delle figure nate “di getto” dal suo pennello – Vasari scrive infatti che “avea per costume non ritoccare alcuna dipintura (…) per creder che così fusse la volontà di Dio” –  rivelano un perfetto connubio tra umanesimo e religione. In Beato Angelico si realizza un’intima sintesi tra il rigore prospettico, l’attenzione alla figura umana, già rinascimentali, e la tradizione medievale che aveva tra i suoi postulati la funzione didattica dell’arte e il valore mistico della luce. Testimonianza della purezza dell’arte di Giovanni da Fiesole sono gli affreschi (1438-1445) nel convento di san Marco a Firenze: catechesi per immagini, che, a grandezza naturale, ispirano una profonda immedesimazione nella Passione e Morte di Cristo. La fama di queste pitture ispirò Eugenio IV a chiamare il domenicano a dipingere in Vaticano una cappella nell’antica basilica di san Pietro, poi distrutta. Si narra anche che il successore, Niccolò V non potè trattenere le lacrime, nel 1449, al cospetto degli affreschi con le storie dei santi Lorenzo e Stefano, commissionati al frate nella cappella privata del Palazzo Apostolico.  Ad Orvieto, nel Duomo, con Benozzo Gozzoli, Frà Angelico lascia testimonianza di sé nella volta della Cappella di San Brizio.

Patrono degli artisti
Tra il 1448 e il 1450 diviene priore di san Domenico a Fiesole, un ruolo che svolge con umiltà e spirito di servizio. “Se avesse voluto – ricorda ancora Vasari – avrebbe potuto vivere in modo molto agiato e diventare ricco grazie alla sua arte”, ma rifuggì sempre il potere, la ricchezza e la fama, anche quando rifiutò senza esitazioni da papa Parentucelli la sede episcopale di Firenze. Morì il 18 febbraio 1455 nel convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Nell’attigua Basilica si trovano ancora i suoi resti mortali e sono tanti i pellegrini che ogni anno visitano la sua tomba. A concedergli il culto liturgico, riconoscendo ufficialmente la qualifica di “beato”, tramandata nei secoli, è stato il 2 ottobre 1982 San Giovanni Paolo II che due anni dopo lo ha proclamato Patrono Universale degli Artisti.

Fonte:
www.vaticannews.va

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
   Gc 2, 14-24. 26
Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Dalla lettera di san Giacomo apostolo
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.
Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore?
Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta. E si compì la Scrittura che dice: «Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia», ed egli fu chiamato amico di Dio.
Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 111
La tua legge, Signore, è fonte di gioia.


Beato l’uomo che teme il Signore
e nei suoi precetti trova grande gioia.
Potente sulla terra sarĂ  la sua stirpe,
la discendenza degli uomini retti sarĂ  benedetta.

ProsperitĂ  e ricchezza nella sua casa,
la sua giustizia rimane per sempre.
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.

Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerĂ  in eterno:
eterno sarĂ  il ricordo del giusto.

Canto al Vangelo  Gv 15,15 
Alleluia, alleluia.

Vi ho chiamato amici, dice il Signore,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio
l’ho fatto conoscere a voi.
Alleluia.

VangeloMc 8, 34-9,1
Chi perderĂ  la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverĂ .

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, GesĂą disse loro:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».