Messa quotidiana

Santa Messa 22-5-22


VI DOMENICA DI PASQUA

Non ci sarà più alcun tempio

Nel vangelo di questa domenica Gesù promette ai discepoli e a noi la venuta dello Spirito perché «insegni» e «ricordi»: è questa la missione del «Consolatore» entro l’arco di tempo che si snoda tra la salita di Gesù al Padre (Pasqua-Ascensione) e il suo ritorno (nella parusia); questa è pure la certezza della Chiesa che, camminando nella storia, deve continuare a credere in Cristo senza vederlo. Per questo è necessario farsi guidare dallo Spirito, per ricordare e capire, nella fede, la parola dei Signore Gesù, per accettarla come sempre viva e operante.

Una Chiesa che sceglie la libertà
Un esempio concreto di come la Chiesa può e deve lasciarsi guidare dallo Spirito è offerto da una situazione vissuta dalla comunità apostolica. Un aspro dibattito era sorto a proposito delle osservanze giudaiche: si dovevano imporre ai convertiti dai paganesimo o no? Paolo e Barnaba si fanno difensori della libertà cristiana, la libertà dello Spirito, e ricevono l’approvazione dei Concilio di Gerusalemme (cf prima lettura).
L’episodio può considerarsi paradigmatico riguardo alla edificazione e allo sviluppo della Chiesa, che non può essere ostacolata da difficoltà e contrasti sempre in essa risorgenti. In ogni tempo, a qualsiasi livello, le tensioni si compongono secondo la linea seguita dalla comunità apostolica: rivolgersi ai responsabili investiti di un mandato; invocare lo Spirito, leggere e comprendere le singole situazioni, trattare le questioni alla luce della fede e della parola del Signore; ispirarsi ai principi della vera libertà nella missione verso gli altri.
Lo Spirito che insegna ogni cosa darà la chiarezza di visione e di pensiero necessarie a coloro che hanno il mandato di «reggere» la Chiesa di Dio, perché cammini e cresca nella carità. Dagli avvenimenti della Chiesa apostolica alle situazioni presenti nelle comunità cristiane, è sempre lo Spirito che guida la Chiesa, finché sarà riempita della «gloria» di Dio e «illuminata» dalla luce trasfigurante dell’Agnello.

La Città santa che discende dal cielo
La seconda lettura ci dà il senso definitivo della Chiesa che si costruisce nel tempo: essa prepara la Città santa, la Chiesa dei salvati, luogo di incontro di tutti gli uomini e di piena comunione con Dio. Non bisogna vedere in questa Città santa, in questa nuova Gerusalemme né la Chiesa del presente né la Chiesa futura come perfetta realizzazione di quella attuale. Si tratta di comprendere che, attraverso un dinamismo di progressiva spiritualizzazione, si prepara nel presente (il tempo, la storia) una realtà completamente nuova: il Regno «risplendente della gloria di Dio» (v. 10). Dovunque si verifica una spinta e una convergenza delle forze vive della Chiesa e dell’umanità verso una maggiore libertà degli spiriti e delle coscienze, verso un maggiore amore che è energia suprema la quale sospinge irresistibilmente a purificare, elevare, perfezionare l’esistenza per l’edificazione di un mondo più degno dell’uomo; dovunque ciò avviene, lì è in opera lo Spirito di Dio e il Regno è in gestazione.
I cristiani devono essere come dei «veggenti», al pari dell’apostolo Giovanni; penetrare con il loro sguardo «più lontano» di ciò che coglie lo sguardo comune; leggere gli avvenimenti alla luce di Dio; e, in questa luce, riconoscere già i bagliori, la topografia… della città santa che scende da Dio.

… fino a che Dio sarà tutto in tutti
In questa visione la novità radicale è che non c’è più il tempio visibile e materiale perché la presenza dei Signore è pienamente svelata e definitiva. E terminato il regime sacramentale, vige quello della comunione: Dio è pienezza di ogni cosa. Ciò richiama la relatività dei «segni» dell’incontro con Dio, che pure sono necessari nella condizione della Chiesa pellegrina. E come tali perdurano nel tempo, anche se destinati a scomparire.
Uno di essi è l’assemblea eucaristica: annuncio e, in qualche modo, anticipo della nuova realtà, la Città santa che viene dal Cielo. Essa stessa infatti, l’assemblea eucaristica, è il luogo della presenza di Dio, tempio vivente della lode e della comunione (anche se ancora imperfetta). E i battezzati che la compongono sono a loro volta, singolarmente, tempio di Dio per opera dello Spirito che abita in ciascuno di loro.
Così, tutti insieme e singolarmente, i membri dell’assemblea liturgica formano la vera Gerusalemme spirituale: animata dallo spirito di libertà e di amore. In essa Gesù Cristo — l’Agnello — viene ad abitare per rendere un culto perfetto al Padre. E in unione con lui e con tutta la Chiesa, l’assemblea celebrante rende gloria a Dio, mentre prega per tutti gli uomini chiamati a partecipare alla salvezza offerta da Cristo.

Dio ci ha riconciliati per mezzo di Cristo
e ci ha affidato il ministero della riconciliazioneDal «Commento sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Cirillo di Alessandria, vescovo  (Cap. 5, 5 – 6; PG 74, 942-943)
Chi ha il pegno dello Spirito e possiede la speranza della risurrezione, tiene come già presente ciò che aspetta e quindi può dire con ragione di non conoscere alcuno secondo la carne, di sentirsi, cioè, fin d’ora partecipe della condizione del Cristo glorioso. Ciò vale per tutti noi che siamo spirituali ed estranei alla corruzione della carne. Infatti, brillando a noi l’Unigenito, siamo trasformati nel Verbo stesso che tutto vivifica. Quando regnava il peccato eravamo tutti vincolati dalle catene della morte. Ora che è subentrata al peccato la giustizia di Cristo, ci siamo liberati dall’antico stato di decadenza.
Quando diciamo che nessuno è più nella carne intendiamo riferirci a quella condizione connaturale alla creatura umana che comprende, fra l’altro, la particolare caducità propria dei corpi. Vi fa cenno san Paolo quando dice: «Infatti anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così» (2 Cor 5, 16). In altre parole: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), e per la vita di noi tutti accettò la morte del corpo. La nostra fede prima ce lo fa conoscere morto, poi però non più morto, ma vivo; vivo con il corpo risuscitato al terzo giorno; vivo presso il Padre ormai in una condizione superiore a quella connaturale ai corpi che vivono sulla terra. Morto infatti una volta sola non muore più, la morte non ha più alcun potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio (cfr. Rm 6, 8-9).
Pertanto se si trova in questo stato colui che si fece per noi antesignano di vita, è assolutamente necessario che anche noi, calcando le sue orme, ci riteniamo vivi della sua stessa vita, superiore alla vita naturale della persona umana. Perciò molto giustamente san Paolo scrive: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le vecchie cose sono passate, ecco ne sono nate di nuove!» (2 Cor 5, 17). Fummo infatti giustificati in Cristo per mezzo della fede, e la forza della maledizione è venuta meno. Poiché egli è risuscitato per noi, dopo essersi messo sotto i piedi la potenza della morte, noi conosciamo il vero Dio nella sua stessa natura, e a lui rendiamo culto in spirito e verità, con la mediazione del Figlio, il quale dona al mondo, da parte del Padre, le benedizioni celesti.
Perciò molto a proposito san Paolo scrive: «Tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante in Cristo» (2 Cor 5, 18). In realtà il mistero dell’incarnazione e il conseguente rinnovamento non avvengono al di fuori della volontà del Padre. Senza dubbio per mezzo di Cristo abbiamo acquistato l’accesso al Padre, dal momento che nessuno viene al Padre, come egli stesso dice, se non per mezzo di lui. Perciò «tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati mediante Cristo, ed ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18).

 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  At 15, 1-2. 22-29
È parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 66
Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. 

Seconda Lettura
   Ap 21, 10-14. 22-23
L’Angelo mi mostrò la città santa che scende dal cielo.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.

Canto al Vangelo 
  Gv 14,23
Alleluia, alleluia.

Se uno mi ama, osserva la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.

  
Vangelo
  Gv 14, 23-29

Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse [ ai suoi discepoli ]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».