Messa quotidiana

Santa Messa 3-2-24

SAN BIAGIO

San Biagio lo si venera tanto in Oriente quanto in Occidente, e per la sua festa è diffuso il rito della “benedizione della gola”, fatta poggiandovi due candele incrociate, sempre invocando la sua intercessione. L’atto si collega a una tradizione secondo cui il vescovo Biagio avrebbe prodigiosamente liberato un bambino da una spina o lisca conficcata nella sua gola.

Vescovo, dunque. Governava, si ritiene, la comunità di Sebaste d’Armenia quando nell’Impero romano si concede la libertà di culto ai cristiani: nel 313, sotto Costantino e Licinio, entrambi “Augusti”, cioè imperatori (e pure cognati: Licinio ha sposato una sorella di Costantino). Licinio governa l’Oriente, e perciò ha tra i suoi sudditi anche Biagio. Il quale però muore martire intorno all’anno 316, ossia dopo la fine delle persecuzioni. Perché?
Non c’è modo di far luce. Il fatto sembra dovuto al dissidio scoppiato tra i due imperatori-cognati nel 314, e proseguito con brevi tregue e nuove lotte fino al 325, quando Costantino farà strangolare Licinio a Tessalonica (Salonicco). Il conflitto provoca in Oriente anche qualche persecuzione locale – forse ad opera di governatori troppo zelanti, come scrive lo storico Eusebio di Cesarea nello stesso IV secolo – con distruzioni di chiese, condanne dei cristiani ai lavori forzati, uccisioni di vescovi, tra cui Basilio di Amasea, nella regione del Mar Nero.

Il corpo di Biagio è stato deposto nella sua cattedrale di Sebaste; ma nel 732 una parte dei resti mortali viene imbarcata da alcuni cristiani armeni alla volta di Roma. Una improvvisa tempesta tronca però il loro viaggio a Maratea (Potenza): e qui i fedeli accolgono le reliquie del santo in una chiesetta, che poi diventerà l’attuale basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio, sulla cui vetta fu eretta nel 1963 la grande statua del Redentore, alta 21 metri.

Dal 1863 ha assunto il nome di Monte San Biagio la cittadina chiamata prima Monticello (in provincia di Latina) e disposta sul versante sudovest del Monte Calvo. Numerosi altri luoghi nel nostro Pæse sono intitolati a lui: San Biagio della Cima (Imperia), San Biagio di Callalta (Treviso), San Biagio Platani (Agrigento), San Biagio Saracinisco (Frosinone) e San Biase (Chieti). Ma poi lo troviamo anche in Francia, in Spagna, in Svizzera e nelle Americhe… Ne ha fatta tanta di strada, il vescovo armeno della cui vita sappiamo così poco.

Soffri per le mie pecorelle

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Dìscorso sulla consacrazione episcopale, PLS 2, 639‑640)
«Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Ecco come il Signore ha servito, ecco quali servi esige che noi siamo. Diede la sua vita in riscatto per molti: ci ha redento.
Chi di noi è capace di redimere qualcuno? Noi siamo stati redenti per mezzo del suo sangue e riscattati da morte per mezzo della sua morte e della sua umiltà, noi che eravamo prostrati, siamo stati innalzati; ma anche noi dobbiamo portare la nostra piccola parte alle sue membra, perché siamo diventati sue membra. Egli è la testa, noi il corpo.
Anche l’apostolo Giovanni nella sua lettera ci rivolge l’esortazione a seguire l’esempio del Signore. Cristo aveva detto: «Colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,2728). È questo il modello che l’Apostolo ci consiglia di seguire quando dice: «Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16).
Lo stesso Signore ha rivolto questa domanda dopo la sua risurrezione: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» (Gv 21, 26); e Pietro rispose: «Certo, Signore, tu lo sai chi ti voglio bene» (ivi). Per tre volte Gesù rivolse questa domanda e per tre volte il Signore aggiunse: «Pasci le mie pecorelle» (ivi).
Come mi dimostri che mi ami, se non col pascere le mie pecorelle? Che cosa mi stai per dare, amandomi, quando tutto aspetti da me? Dunque tu devi esprimermi il tuo amore col pascere le mie pecorelle.
Questo una, due, tre volte: «Mi vuoi bene? – Ti voglio bene. Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 16). Rinnegò tre volte per paura, ma confessò tre volte con amore.
E il Signore, dopo aver espresso a Pietro per la terza volta il mandato di pascere le sue pecorelle, rivolgendosi ancora a lui, che, rispondendo, confessava il suo amore e condannava e ripudiava l’antica sua pusillanimità, aggiunse: «Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (Gv 21,19). Gli annunziò la sua croce, gli predisse la sua passione.
Continuando il colloquio, il Signore gli disse: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21,16), cioè soffri per le mie pecorelle.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   1 Re 3, 4-13
Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo.

Dal primo libro dei Re
In quei giorni, Salomone andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti.
A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».
Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».
Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita». 

Salmo Responsoriale
Dal Salmo 118 
Insegnami, Signore, i tuoi decreti.

Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola.
Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.

Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te.
Benedetto sei tu, Signore:
insegnami i tuoi decreti.

Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca.
Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze. 

Canto al Vangelo   Gv 10,27
Alleluia, alleluia.

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.

Vangelo   Mc 6, 30-34
Erano come pecore che non hanno pastore.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.