Messa quotidiana

Santa Messa 6-3-22

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I DOMENICA DI QUARESIMA

Anno C


  Chi crede in me non sarà deluso

Un nuovo cammino verso la Pasqua si è aperto. La Quaresima ripropone l’impegno dell’ascolto della parola di Dio, della conversione, della preghiera, della carità fraterna perché la Chiesa riscopra il senso della propria vocazione e appartenenza al Signore, in un continuo passaggio verso la vita nuova. Ogni momento è segnato da questi impegni, ma il tempo quaresimale ha un’efficacia particolare perché è memoria viva e attuale del cammino pasquale di Cristo, del suo «si» alla volontà del Padre nel segno della comunità che si converte.

Tempo di decisioni
Ci sono momenti della vita in cui si impongono scelte decisive: per il lavoro o la professione, per la famiglia, per l’orientamento dei figli, o più radicalmente ancora, per l’impostazione dell’esistenza in rapporto a valori autentici o a pseudo-valori.
Per i credenti, il battesimo è stato la scelta fondamentale per Cristo, l’accettazione di criteri evangelici di vita. Ma vivendo nel mondo è inevitabile respirarne l’atmosfera e subirne gli influssi negativi: La sollecitazione a rincorrere i miti del profitto, della produzione, del consumo, a fondare la vita più sull’avere che sull’essere. Il fascino di queste prospettive alienanti arriva facilmente a determinare le decisioni, specialmente se manca una lucida capacità critica. Ponendosi contro ogni manipolazione della verità e smascherando ogni tradimento dell’uomo, la parola di Dio diventa criterio di giudizio e grazia liberante.
Il punto di riferimento di questa domenica è Cristo, presentato da Luca come nuovo Adamo, capostipite di una nuova umanità (cf Lc 3,23-38: la genealogia di Gesù), che nel deserto fa esperienza di incertezza: o cedere alla tentazione del prestigio umano e del facile successo, o fidarsi del Padre. La sua scelta cade dalla parte più scomoda, cioè dalla parte di Dio (vangelo), e resta fedele alla sua identità di Figlio. Per lui, al di fuori del Padre, non ci sono altri signori che meritino adorazione e servizio. Alle insinuazioni del tentatore e alla seduzione della potenza Gesù ribadisce la sua scelta di fedeltà al progetto del Padre: «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». Il primato di Dio non intende mortificare l’uomo, ma mira a salvaguardarne la libertà e la dignità.

Professare la fede nel Dio della Pasqua
Il popolo d’Israele, per tener viva la memoria delle meraviglie operate dal Signore, specialmente nell’esodo, è chiamato a scandire la sua esistenza con una professione di fede che è il compendio della sua storia singolare (prima lettura). La sua dignità di popolo libero, il dono e la fecondità della terra sono opera solo del Signore, esplicitamente confessato come protagonista e creatore della storia. Questa professione di fede storica tende a creare nel popolo la coscienza riconoscente dell’iniziativa di Dio e la fiducia nella sua assistenza provvidente.
Se Dio non è estraneo alla vicenda dell’uomo, se ha dato prova della sua vicinanza, il fedele proclama che tutto avrà esito positivo perché tutto è nelle mani del Signore della storia. Chi fa credito a Dio, si radica in lui e si lascia guidare dalla sua parola, è in grado come Gesù di superare ogni difficoltà: «Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi (salmo responsoriale). Lo stesso tema della fede ricorre in Paolo (seconda lettura), il quale esorta a riconoscere nella Pasqua di Cristo il fondamento e il centro della vita cristiana. La professione di fede del nuovo popolo di Dio consiste nel riconoscimento della signoria di Cristo sull’uomo, sull’universo e sulla storia. Riconoscimento che implica il cuore e la bocca», ossia tutto l’uomo nella sua apertura di fede, nelle sue decisioni, nella sua testimonianza.

Tempo di preghiera
Dichiarare che Gesù è Signore significa prendere posizione per lui, non essere neutrali nelle scelte che la vita cristiana impone. Momento e luogo privilegiato per questa professione di fede è la preghiera che vuole essere riconoscimento di Dio come protagonista della nostra storia di salvati, ed espressione di una coscienza filiale che risponde alla sua paternità.
La preghiera è uno degli impegni quaresimali più forti. Non è sufficiente affermare che «tutta la vita è preghiera»; può essere uno slogan per coprire elegantemente la nostra pigrizia. Esimersi da momenti di preghiera specifici e qualificanti può essere una spia che segnala una crisi di fede. Ma per essere una autentica professione di fede la preghiera non può limitarsi a invocazioni vuote. Ciò che conta è il consenso alla volontà del Padre (cf Mt 7,21), che conduca a scelte evangeliche nella vita concreta e che manifesti il significato liberante del nostro essere figli di Dio.

In Cristo siamo stati tentati e in lui abbiamo vinto il diavolo

Dal «Commento sui salmi» di sant’Agostino, vescovo (Sal 60, 2-3; CCL 39, 766)
«Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera» (Sal 60, 1). Chi è colui che parla? Sembrerebbe una persona sola. Ma osserva bene se si tratta davvero di una persona sola. Dice infatti: «Dai confini della terra io t’invoco; mentre il mio cuore è angosciato» (Sal 60, 2).
Dunque non si tratta già di un solo individuo: ma, in tanto sembra uno, in quanto uno solo è Cristo, di cui noi tutti siamo membra. Una persona sola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra non grida se non quella eredità, di cui fu detto al Figlio stesso: «Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra» (Sal 2, 8).
Dunque, è questo possesso di Cristo, quest’eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, quest’unica Chiesa di Cristo, quest’unità, che noi tutti formiamo e siamo, che grida dai confini della terra.
E che cosa grida? Quanto ho detto sopra: «Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera; dai confini della terra io t’invoco». Cioè, quanto ho gridato a te, l’ho gridato dai confini della terra: ossia da ogni luogo.
Ma, perché ho gridato questo? Perché il mio cuore è in angoscia. Mostra di trovarsi fra tutte le genti, su tutta la terra non in grande gloria, ma in mezzo a grandi prove.
Infatti la nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova.
Pertanto si trova in angoscia colui che grida dai confini della terra, ma tuttavia non viene abbandonato. Poiché il Signore volle prefigurare noi, che siamo il suo corpo mistico, nelle vicende del suo corpo reale, nel quale egli morì, risuscitò e salì al cielo. In tal modo anche le membra possono sperare di giungere là dove il Capo le ha precedute.
Dunque egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. Leggevamo ora nel vangelo che il Signore Gesù era tentato dal diavolo nel deserto. Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l’umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria.
Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo. Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu tentato; perché non consideri che egli ha anche vinto? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei vincitore. Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere, quando sei tentato. 


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Dt 26,4-10
Professione di fede del popolo eletto.

Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò al popolo e disse:
«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 90
Resta con noi, Signore, nell’ora della prova.

Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».  

Seconda Lettura   
Rm 10,8-13
Professione di fede di chi crede in Cristo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

Canto al Vangelo
    Mt 4,4
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

  

Vangelo  Lc 4,1-13
Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.