Messa quotidiana

Omelia 26-7-15

 

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno B

Il pane ai poveri

Il mangiare è una funzione così essenziale nella vita umana che quasi tutte le religioni ne fanno un simbolo e l’accompagnano con un rito liturgico. Il cristianesimo propone la salvezza sotto forma di un banchetto, che è simbolo ed anticipazione  del banchetto eterno

I poveri mangeranno a sazietà

I tempi predetti dai profeti come i tempi del Messia, sono caratterizzati da questo fatto di immediata intuizione: «abbondanza per i poveri». «I poveri mangeranno e saranno saziati», dice il salmista (Sal 21,27). E Isaia, in una visione profetica, vede tutti i popoli radunati per un grande banchetto: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6). In grado di apprezzare una visione di questo genere sono soprattutto i poveri, quelli che non mangiano mai a sazietà. L’idea dell’abbondanza e della sazietà viene sottolineata espressamente sia nel vangelo («riempirono 12 canestri  con i pezzi… avanzati») sia nella la lettura che, anche letterariamente e stilisticamente, è parallela al vangelo («così dice il Signore: ne mangeranno e ne avanzerà anche»). Con l’avvento di Gesù il tema messianico dell’abbondanza attinge il suo compimento.
Nel vangelo il miracolo della moltiplicazione dei pani si riveste di un trasparente significato eucaristico, come realtà che si annunciano e si completano a vicenda, e preludono alla comunione senza veli con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il vocabolario adoperato sia da Giovanni che dai Sinottici è tipicamente eucaristico. Troviamo infatti gli stessi verbi che sono usati per l’istituzione della Eucaristia: prese il pane, e dopo aver reso grazie, lo distribuì…
La lettura eucaristica manifesta la comprensione teologica da parte della comunità primitiva, in un sovrapporsi di piani sviluppati più ampiamente da Giovanni.
L’Eucaristia viene così vista nel suo  senso più genuino di abbondanza di vita e quindi capace di dare la vita eterna nell’ambito del banchetto messianico.

Un «test» per la nostra carità
Il problema della fame nel mondo è certamente una delle questioni più angosciose del nostro tempo. La sua soluzione è ancora ben lontana. Lo squilibrio economico tra le nazioni sviluppate e le altre continua a registrare paurosi aumenti. L’aiuto economico offerto dalle nazioni ricche a quelle povere è ancora troppo debole e male orientato per avviare il progresso economico e sociale dei paesi in via di sviluppo.
Ci chiediamo se la Chiesa ancora oggi moltiplica i pani per coloro che hanno fame, o più concretamente se nel problema della farne che assilla il mondo d’oggi, la Chiesa ha qualcosa da fare oltre al suo ufficio di ricordare, senza posa, ai suoi membri i loro obblighi individuali e collettivi. Ma siamo ben convinti che la Chiesa siamo noi?
Gesù saziò concretamente degli uomini che avevano fame, e, se egli ha rivelato il pane di vita eterna, lo ha fatto partendo da una realtà terrestre. Il pane che egli dona non è soltanto il simbolo del pane soprannaturale. Non è possibile rivelare il pane della vita eterna, senza impegnarsi davvero nei doveri della solidarietà umana. L’amore dei poveri, come quello dei nemici, è il test per eccellenza della qualità della nostra carità. Riconoscere ai poveri il diritto di ricevere il pane della vita è impegnarsi fino in fondo nelle esigenze di  amore; è, per il cristiano, tradurre con una nuova «moltiplicazione dei pani» su scala mondiale il beneficio che egli ha ricevuto da Cristo.

Una Chiesa povera, segno di abbondanza
Ora, proprio perché la  Chiesa si trova di fatto più sviluppata nelle nazioni ricche dell’Occidente, per rendere credibile il suo messaggio deve presentarsi alle moltitudini dei poveri che popolano il mondo, e che sono, di diritto, i primi destinatari del  vangelo, come colei che rende partecipi i popoli della  sua abbondanza.
La Chiesa cambierà volto nella misura in cui i cristiani e i responsabili delle istituzioni ecclesiali prenderanno coscienza delle responsabilità che il terzo mondo pone alla loro fede e alla loro carità. Allora il rapporto tra la Chiesa e la ricchezza materiale sarà restaurato nella sua evangelica verità, e la Chiesa tornerà ad essere nel mondo un «segno» per tutti coloro che hanno fame di pane e di vita eterna.
È un paradosso, ma solo  una Chiesa povera sarà segno dell’abbondanza.

Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione

Dalle «Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo  (Om. 14, 1-2; PG 61, 497-499) 
Paolo riprende il discorso sulla carità, moderando l’asprezza del rimprovero. Dopo avere infatti biasimato e rimproverato i Corinzi per il fatto che, pur amati, non avevano corrisposto all’amore, anzi erano stati ingrati e avevano dato ascolto a gente malvagia, mitiga il rimprovero dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori» (2 Cor 7, 2), cioè amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi più utile a loro che a lui. Non dice «amate», ma con squisita delicatezza: «Fateci posto nei vostri cuori». Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri cuori? Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal vostro spirito? Dato che prima aveva affermato: «E’ nei vostri cuori invece che siete allo stretto» (2 Cor 6, 12), qui esprime lo stesso sentimento dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori». Così li attira di nuovo a sé. Niente spinge tanto all’amore chi è amato quanto il sapere che l’amante desidera ardentemente di essere corrisposto.
«Vi ho già detto poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per morire insieme e insieme vivere» (2 Cor 7, 3). Espressione massima dell’amore di Paolo: benché disprezzato, desidera vivere e morire con loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente, in modo qualsiasi, ma come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga al momento del pericolo: non è così per me.
«Sono pieno di consolazione» (2 Cor 7, 4). Di quale consolazione? Di quella che mi viene da voi: ritornati sulla buona strada mi avete consolato con le vostre opere. E’ proprio di chi ama prima lamentarsi del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per eccessiva insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia».
In altre parole: sono stato colpito da grande dispiacere a causa vostra, ma mi avete abbondantemente compensato e recato gran sollievo; non avete solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato di più abbondante gioia.
Paolo manifesta la sua grandezza d’animo non fermandosi a dire semplicemente «sovrabbondo di gioia», ma aggiungendo anche «in ogni mia tribolazione». E’ così grande il piacere che mi avete arrecato che neppure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da farmi dimenticare con l’esuberanza della sua ricchezza, tutti gli affanni che mi erano piombati addosso e ha impedito che io ne rimanessi schiacciato.


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   2 Re 4, 42-44
Ne mangeranno e ne faranno avanzare.

Dal secondo libro dei Re
In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.
Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».
Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 144
Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

Seconda Lettura   Ef 4, 1-6
Un solo corpo, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

Canto al Vangelo   Lc 7,16b  
Alleluia, alleluia. 

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia.


Vangelo   Gv 6, 1-15
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.