Messa quotidiana

Omelia 7-11-14

L’eterno riposo dono loro o Signore, splenda ad essi la luce perpetua riposino in pace. Amen


Beata Elena Enselmini Monaca

Padova, 1208 – ivi 1242

Nel 1220, San Francesco passò da Padova. Pose la prima pietra del convento dell’Arcella, dove sarebbe esplosa, pochi anni dopo, la santità di Antonio da Padova, che vi mori nel 1231.Passando da Padova, sembra che San Francesco avesse compiuto anche un altro gesto: quello di dare l’abito di Santa Chiara a una bambina di appena tredici anni, oggi onorata come Beata.
Si chiamava Elena Enselmini, ed era figlia di una nobile famiglia padovana. Bambina, era stata educata ai più alti principi religiosi e ai più puri ideali di virtù. Quando la fanciulla desiderò, per sé e per sempre, la vita religiosa, la famiglia non soltanto non si oppose, ma si rallegrò di tale decisione.
Elena si sottrasse così ai genitori secondo la carne, per acquistare un nuovo padre secondo lo spirito, Francesco, e una nuova madre, Chiara.
Nel convento delle Clarisse, Elena Enselmini, dopo aver conosciuto il poverello d’Assisi, conobbe anche il taumaturgo di Padova, Sant’Antonio. Fu lui, sembra, a dare formazione teologica e preparazione morale alla fanciulla che, per età e per sesso, aveva ricevuto, dalla famiglia, soltanto una sommaria educazione intellettuale.
Per sei anni, la vita della Clarissa fu un’esperienza luminosa e gioiosa, nonostante gli apparenti rigori materiali, le privazioni e le durezze. Ma sui vent’anni, sopraggiunsero gli anni delle tenebre. Tenebre anche in senso fisico, con malattie e infermità, ma soprattutto tenebre dell’anima, provata dal dubbio e dall’aridità spirituale.
Veniva tentata a credere che tutto era inutile; che la salvezza eterna le sarebbe stata per sempre negata. Ma anche nei momenti di maggior disorientamento intimi, Elena Enselmini si attaccò alle certezze della fede e all’obbedienza ai superiori. Con la tenacia di una volontà ben temprata, riuscì a riconquistare la pace, e la certezza che la Provvidenza guidava il suo destino per il meglio.
Restavano le infermità del corpo, che non potevano spaventare però la donna forte. Impedita nella parola, comunicava con cenni, corrispondenti alle lettere dell’alfabeto. Con questo linguaggio da sordomuti dettò anche il resoconto di numerose visioni dalle quali fu favorita.
In una di tali visioni contemplò, nella gloria dei Paradiso, gran numero di anime di religiosi vissuti in comunità. Ciò meravigliò la Clarissa di Padova, che riteneva, da buona donna del Medioevo, che maggior titolo di gloria fosse costituito dai rigori e dalle austerità degli eremiti e dei penitenti, così frequenti allora. Gli fu rivelato che c’era invece qualcosa di ancor più prezioso: l’obbedienza, quotidiana ginnastica spirituale di chi viva in comunità. Nell’elogio di tale obbedienza, c’era già l’annunzio della certa gloria della Beata di Padova, morta a soli ventiquattro anni, verso il 1231, o secondo altri nel 1242.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Fil 3, 17 – 4, 1
Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi.
Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 121 
Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore.

Secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Canto al Vangelo   1Gv 2,5
Alleluia, alleluia.

Chi osserva la parola di Gesù Cristo
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia.

Vangelo Lc 16, 1-8
I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».